La facoltà di Ingegneria della
Libera Università di Bolzano, in collaborazione con l'Istituto
italiano di tecnologia di Genova, ha ideato un "ghostbuster"
della plastica, un sensore innovativo, veloce e facile da usare,
per scovare le nanoplastiche negli ambienti acquatici, a partire
dal mare.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista "Acs Applied
Materials & Interfaces" e nasce da un'intuizione di un team di
ricercatori della facoltà di Ingegneria dell'Università di
Bolzano: la giovane biotecnologa, Giulia Elli, 29 anni, e i
professori del "Sensing Technologies Lab", Paolo Lugli e Luisa
Petti.
Le nanoplastiche costituiscono una seria minaccia per gli
ecosistemi acquatici e gli organismi che vi abitano, a causa
della loro capacità di interagire con altri contaminanti. La
loro rilevazione richiede ancora tecniche complesse e costose,
come la spettroscopia che limitano l'efficacia del monitoraggio
ambientale. Da questo assunto è partita la ricerca che propone
un sensore basato su un transistor a effetto di campo con
nanotubi di carbonio, per identificare le nanoplastiche
nell'acqua. I sensori sono estremamente piccoli e consentono di
rilevare questi contaminanti in modo rapido, facile e
conveniente.
La ricerca è stata svolta al momento in laboratorio,
riproducendo le caratteristiche dell'acqua di mare, di fiume e
di lago, per studiare il comportamento e l'efficacia dei sensori
in ambienti salmastri e marini. Il lavoro sta proseguendo ora in
Francia con L'Université Paris Cité e sta studiando la
selettività dei sensori, che in futuro saranno in grado anche di
identificare di quale tipo di nanoplastiche sia inquinata una
zona di corso d'acqua. Il passo successivo sarà poterli
utilizzare fuori dal laboratorio, direttamente a bordo di
imbarcazioni.
"Una nanoplastica alla volta - commenta la ricercatrice
Giulia Elli - possiamo tutti sconfiggere l'inquinamento. Anche
se le nostre azioni ci sembrano piccole come microparticelle,
ognuna di esse può migliorare il nostro pianeta". "Studiare
materie ingegneristiche non significa solo progettare il futuro
- sottolinea Luisa Petti - ma anche proteggerlo: i sensori
sviluppati a Bolzano dimostrano come l'innovazione possa
diventare un'arma essenziale per combattere l'inquinamento
invisibile e salvaguardare il nostro pianeta".
"La ricerca, condotta assieme a uno dei migliori centri di
ricerca a livello mondiale, l'IIT di Genova, conferma il nostro
impegno a sviluppare tecnologie a basso costo che aiutino nella
salvaguardia dell'ambiente e della salute delle persone",
conclude Paolo Lugli.
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