"C'è una grande sintonia tra i due
leader, la presidente Meloni e il premier Modi, che a novembre
hanno firmato un piano d'azione per i prossimi cinque anni. Un
piano che vuole perseguire l'interesse nazionale". Lo ha detto
Antonio Bartoli, ambasciatore d'Italia in India, a margine della
XVII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori
d'Italia nel mondo alla Farnesina. Il piano, ha spiegato
Bartoli, si basa su delle "oggettive complementarietà". India e
Italia, infatti, "sono entrambe penisole, che commerciavano sin
dai tempi di Roma antica" e questo è stato un punto di forza per
il progetto del Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa
(Imec) che si snoderà dall'India all'Europa: "Noi pensiamo - ha
sottolineato l'ambasciatore - che l'Italia sia il suo terminale
naturale". Ci sono poi, ha aggiunto, delle "complementarietà
economiche". "L'India vuole diventare un grande paese
manifatturiero, e noi siamo molto forti nell'export di
macchinari. Possiamo giocare un grande ruolo con le nostre
tecnologie e aiutare a creare un settore manifatturiero che
generi occupazione". Infine, il mercato del lavoro. L'India "è
un grande bacino, che racchiude un sesto della popolazione
mondiale. Si pensi che due milioni e mezzo di indiani sono
laureati in discipline scientifiche, tecniche, economiche e
matematiche. L'Italia - ha osservato Bartoli - ha bisogno di
personale qualificato e con l'accordo firmato tra Roma e Nuova
Delhi sarà possibile far venire in Italia, al di fuori del
decreto flussi, personale qualificato a patto che sia stato
formato in India. Questo apre grandi opportunità al nostro
sistema formativo".
Quanto alla penetrazione delle Pmi, l'ambasciatore ha rilevato
che l'India "ha un atteggiamento ancora protezionistico", quindi
non è "facilissimo" per una piccola impresa "penetrare nel
mercato". Ciononostante, ci sono "modelli di grande successo"
per facilitare le Pmi. "Ad esempio - ha spiegato - garantiamo i
prestiti che i compratori indiani contraggono con le banche per
abbassare i tassi d'interesse", a condizione che questi "si
impegnino ad esaminare fornitori italiani. C'è dunque
possibilità di investire, il che non significa delocalizzare -
ha concluso - ma una vera internazionalizzazione. Questo apre
grandissime prospettive in settori come difesa, spazio,
tecnologie verdi e mobilità in un paese che è il terzo al mondo
per innovazione".
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