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Presidente Cpi, sanzioni Usa minaccerebbero esistenza Corte

Presidente Cpi, sanzioni Usa minaccerebbero esistenza Corte

Ha detto Tomoko Akane in un'intervista al giornale Asahi Shimbun

TOKYO, 15 dicembre 2024, 15:32

Redazione ANSA

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"Le sanzioni economiche che gli Stati Uniti stanno preparando contro la Corte penale internazionale (Cpi) minacciano l'esistenza stessa del tribunale". Lo ha detto Tomoko Akane, il primo presidente giapponese della Cpi, in un'intervista al giornale Asahi Shimbun, spiegando che le sanzioni in discussione al Senato di Washington renderebbero "impossibile per la Corte penale internazionale continuare a esistere".
    La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha già approvato un disegno di legge per imporre sanzioni economiche contro la Cpi, una decisione arrivata dopo il mandato di arresto emesso a novembre dalla corte per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, l'ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e altri funzionari dello Stato ebraico per il loro presunto coinvolgimento in crimini di guerra a Gaza e in Libano.
    Attualmente, spiega il giornale nipponico, anche al Senato Usa si è andato formando un sostegno bipartisan per una legge che impone ritorsioni economiche contro la Cpi. Pur dichiarando di non essere sicura dell'esatta natura dei contenuti della legge, Akane ha sottolineato che le sanzioni potrebbero estendersi a un'ampia gamma di procuratori, giudici e altri dipendenti della Corte, compresa lei stessa. "Sanzioni importanti renderebbero impossibile il funzionamento ordinario. C'è la possibilità che le banche, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa sospendano tutte le transazioni, e se ciò accadesse, non potremmo pagare i nostri dipendenti e saremmo costretti a interrompere le attività". In tal caso i mandati di arresto emessi dalla Corte nei confronti, non solo di funzionari israeliani, ma anche dei leader di Hamas e del presidente russo Vladimir Putin, diventerebbero di fatto inapplicabili. "Lo 'Stato di diritto' nella comunità internazionale verrebbe reso privo di valore, e le vittime dei crimini di guerra non verrebbero risarcite", ha concluso Akane.
   

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