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Rispetto è la parola dell'anno nel 2024 per la Treccani

Rispetto è la parola dell'anno nel 2024 per la Treccani

La scrittrice Ilaria Gaspari: "Sia un augurio anche per il 2025"

ROMA, 16 dicembre 2024, 20:02

(di Mauretta Capuano)

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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È "rispetto" la parola dell'anno nel 2024 per la Treccani. È stata scelta dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana "per la sua estrema attualità e rilevanza sociale" nell'àmbito della campagna di comunicazione #leparolevalgono, volta a promuovere un uso corretto e consapevole della lingua. Il Dizionario dell'italiano Treccani definisce il rispetto come un "sentimento e atteggiamento di stima, attenzione, riguardo verso una persona, un'istituzione, una cultura, che si può esprimere con azioni o parole".
    "Questa parola - spiegano Valeria Della Valle e Giuseppe Patota, condirettori del Vocabolario Treccani - dovrebbe essere posta al centro di ogni progetto pedagogico, fin dalla prima infanzia, e poi diffondersi nelle relazioni tra le persone, in famiglia e nel lavoro, nel rapporto con le istituzioni civili e religiose, con la politica e con le opinioni altrui, nelle relazioni internazionali. Il termine rispetto, continuazione del latino respectus, va oggi rivalutato e usato in tutte le sue sfumature, proprio perché la mancanza di rispetto è alla base della violenza esercitata quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni, della natura e del mondo animale".
    "Più che una parola per definire il 2024, spero sia un augurio per il 2025" dice all'ANSA Ilaria Gaspari, scrittrice con una formazione filosofica che si è imposta all'attenzione con il romanzo 'La reputazione' (Guanda). "Viviamo tempi di violenza, di guerra. In realtà, secondo molte scuole di pensiero, l'aggressività è una risposta non mediata a emozioni di collera, rabbia. Però effettivamente essere sistematicamente crudeli con altre forme di vita nasce dal fatto che non si prende in considerazione l'esistenza dell'altro nella sua interezza, come soggetto. Se tu riconosci l'altro come subalterno a te o come oggetto delle tue azioni ti puoi permettere qualsiasi cosa. Il rispetto significa invece vedere nell'altro un soggetto come te" afferma la scrittrice.
    "È stata una scelta preziosa quella della Treccani perché siamo in un momento in cui tendiamo a deumanizzare le altre persone per antagonismo, per aggressività e sicuramente rendersi conto dell'importanza del rispettarsi è molto importante", aggiunge Gaspari, milanese che vive a Roma ed è autrice di saggi narrativi come Lezioni di felicità (Einaudi) e Vita segreta delle emozioni (Einaudi).
    "È molto significativo - aggiungono Della Valle e Patota - che le espressioni della lingua italiana che contengono questa voce siano numerosissime: da avere rispetto per qualcuna, qualcuno o qualcosa a mancare di rispetto, da di tutto rispetto a col rispetto dovuto, via via fino alla formula 'con tutto il rispetto', purtroppo usata spesso impropriamente nella polemica politica come premessa di attacchi verbali aggressivi, offensivi e violenti, o all'espressione uomini di rispetto, tristemente nota per aver indicato gli affiliati alla mafia". Anche Gaspari invita a riflettere sul fatto che spesso usiamo il sostantivo in maniera un po' vuota: "diciamo 'con tutto il rispetto' per poi toglierlo il rispetto". "L'ultimo Rapporto dell'Ocse, che dice che non sappiamo più leggere, mi ha fatto impressione perché questa incapacità di leggere non riguarda solo i libri, ma tutto il rapporto con l'alterità. Si parla troppo spesso e a sproposito di empatia, cioè della capacità di sentire quello che prova un'altra persona. Questa parola è stata inventata non da uno psicologo, ma da uno storico dell'arte nell'Ottocento, Vischer che analizzava quello che succede osservando dei ritratti. Leggere il mondo attraverso l'arte, la letteratura potenzia molto questa capacità di sentire con gli altri che non ci lascia confinati nelle nostre paure o dentro le passioni tristi che ci impediscono di vedere che non siamo soli, anche nel momento della rabbia e dell'invidia", conclude.
   

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