(di Barbara Beccaria)
"Quello che sta accadendo in Medio
Oriente toglie le parole anche a chi in genere ha un eloquio
molto fluente come potremmo essere noi scrittori, e rende banale
ogni altro argomento, anche universale e fondante come il
cambiamento climatico, al quale io dedico generalmente molta
attenzione. Ma anche se questo è un momento terribile, crudele,
quasi al di là di ogni immaginazione, voglio essere positivo e
dire che verrà trovata una soluzione. Quando si arriva al punto
massimo di una catastrofe, e ci stiamo avvicinando, si comincia
a risalire. Lo so, è atroce, ma credo sia così". Con queste
parole lo scrittore ebreo americano Jonathan Safran Foer, oggi a
Monforte d'Alba (Cuneo) per ricevere il Premio Speciale Lattes
Grinzane promosso dalla Fondazione Bottari Lattes, ha risposto
ai giornalisti che gli chiedevano una riflessione sulla tragedia
in corso in Israele.
"Il mondo ha un drammatico bisogno di compassione, come ci ha
indicato più volte anche Papa Francesco - ha detto Safran Foer,
autore di libri amatissimi come 'Ogni cosa è illuminata' e
'Molto forte, incredibilmente vicino' e anche di testi sui
diritti degli animali e sull'ambiente - non credo abbia senso
schierarsi in questo momento contro Hamas o contro il governo
israeliano. È inutile e fin troppo facile. Dobbiamo stare dalla
parte di entrambi quei popoli, ovvero dalla parte della civiltà,
dobbiamo essere civili ed empatici. Il mondo manca di empatia,
questa è l'unica strada per il futuro. E l'empatia non conosce
l'esclusiva. Se mi dichiaro ottimista è perché penso che il 99%
delle persone abbiano in loro la bontà, i cattivi sono pochi".
Per la due giorni di eventi intorno alla cerimonia di
premiazione del Premio letterario, a Monforte d'Alba, sulle
colline delle Langhe, sede della Fondazione Bottari Lattes,
Jonathan Safran Foer aveva preparato una lectio magistralis
sulle nuove tecnologie che si stanno mangiando tutti gli sforzi
intellettuali, intellettivi ed economici a fronte di un'umanità
'limitata' e non ancora cosciente del processo in corso.
"Il tema è centrale per me - ha detto oggi - ma certamente,
se l'avessi preparata in questi giorni così tragici e dannati,
avrei sottolineato altri aspetti. È una questione di tempo, di
urgenze, come sempre. Oggi tutto corre ad una velocità
supersonica. Io comunque credo molto nella responsabilità e nel
risveglio individuale. Che da solo non basta, ma fa molto. Le
persone devono reagire, essere empatiche. Obama spesso citava
Martin Luther King quando diceva che il pendolo va comunque vero
la giustizia. Anche Papa Francesco ha recentemente sottolineato
l'importanza dell'azione individuale. Che può sembrare di
portata limitata, ma in realtà è contagiosa, può fare comunità e
quindi portare la politica, che della comunità cerca il
consenso, a farsi carico delle istanze in discussione".
Secondo Safran Foer "tutti dovremmo cecare di ricongiungerci
con il nostro io bambino quando i nostri genitori, gli adulti si
curavano di noi. Per recuperare quella necessità di cura
universale". "Un giorno ero in aereo con la mia compagna e con
il mio bambino piccolo - ha raccontato lo scrittore - e
guardando mio figlio e l'aereo pieno ho pensato che tutte quelle
persone erano state bebè ed erano state curate da qualcuno.
Ecco, credo che occorra ricordarsi di questo momento
fondamentale della vita, per imparare e replicarne il
meccanismo".
Interrogato poi sul suo futuro libro non ha voluto dare
dettagli, dicendo solo di sperare che sia finito entro un paio
di mesi. "Ogni tanto mi chiedo se scrivere romanzi sia
un'attività significativa, sensata o se non potrei fare qualcosa
di più utile per il bene del mondo - ha concluso lo scrittore
americano - ma poi mi viene in mente quanto disse un poeta
polacco che amo, Zbigniew Herbert, che scrivere è un atto di
compassione, e mi sento un po' più 'giusto', in fondo tutti
abbiamo nel cuore una necessità di giustizia".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA