"Nella scienza non è importante la
nazionalità, nessuno ti chiede la carta d'identità e sulla
scorta di quella, se sei palestinese, israeliano, americano o
altro, decide se è disponibile a lavorare con te o no". Ne è
convinto Mohammed Faraj, palestinese, fisico delle particelle,
giunto quasi sette anni fa in Italia dove lavora come
ricercatore al Cern di Ginevra e soprattutto all'Istituto di
fisica teorica di Trieste (Ictp ), istituto che oggi celebra i
60 anni di attività. Una realtà che valica i confini e le
nazionalità, dove tutti lavorano insieme per un futuro migliore
per l'umanità.
Proprio in questa occasione erano presenti, tra gli altri,
Faraj e una ricercatrice ucraina. "Non importa la religione, che
si sia cristiani, giudeo o musulmani, noi siamo scienziati,
gente, persone, abbiamo tutti gli stessi diritti, abbiamo tutti
le stesse responsabilità".
Per un periodo più breve, invece, sta lavorando all' Ictp
anche Nataliia Manki, fisico di Sumy, giunta dall' Ucraina, da
dove invece il marito non può trasferirsi perché in età di
arruolamento. "L'Ictp mi ha invitata e sono felice perché non mi
aiuta soltanto nella mia attività, alla comunità scientifica, ma
anche nel trovare un appartamento, nella scuola per i miei
figli, nell' asilo per i bambini, insomma, in molti ambiti della
mia vita". E come ti trovi qui? "Mi sento al sicuro". Lavori con
scienziati russi: "Io non lavoro con scienziati russi ma in una
comunità scientifica dove siamo tutti insieme, in modo pacifico
e non per fare la guerra. Sono ucraina, rimango ucraina ma in
questa comunità ci sono molte nazionalità", conclude.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA