I reumatologi scarseggiano nella
sanità pubblica italiana: più del 50% non trova posto di lavoro
in ambito reumatologico e si adatta alla medicina interna o
altre specialità affini. Le strutture di ricovero, inoltre, sono
insufficienti: le poche unità presenti si concentrano nelle
grandi città. Anche a livello degli ambulatori sul territorio
gli specialisti reumatologi sono molto carenti: così i malati,
per ottenere una prima diagnosi, sono costretti a rivolgersi al
privato. È la denuncia della Sir (Società italiana di
reumatologia) in avvio del 60/mo Congresso Nazionale a Rimini.
"La distribuzione di reumatologi e di unità operative sul
territorio italiano non è uniforme - afferma Gian Domenico
Sebastiani, Presidente SIR -. Nel Lazio, per esempio, ci sono 5
strutture che possono garantire posti letto ai pazienti: sono
tutte a Roma. Nelle Marche ne è presente solo una, a Jesi. È un
problema per le persone che necessitano di ricovero. In
Lombardia invece c'è assoluta carenza di reumatologi nel
territorio". "Per quanto siano aumentati i posti nelle scuole di
specializzazione, restano seri problemi nell'inserimento dei
medici nelle strutture pubbliche - aggiunge Roberto Gerli, Past
President Sir -. Come Sir abbiamo realizzato un documento
dedicato all'organizzazione della rete reumatologica
territoriale sul modello dell'Hub & Spoke, che permetterebbe
l'interscambio dei pazienti complessi dal centro Hub all'unità
Spoke, una volta stabilizzati. Una migliore presa in carico
permetterebbe la riduzione delle liste di attesa, con una
diminuzione dei costi a carico del sistema sanitario. Servono
unità operative di reumatologia in numero proporzionale rispetto
alla popolazione e variabile sulla base della densità
abitativa". L'assenza del servizio reumatologico pubblico in
tante province italiane è un serio problema che è necessario
affrontare con il supporto delle istituzioni - aggiunge
Carlomaurizio Montecucco, Presidente di Fira, Fondazione
Italiana per la Ricerca sull'Artrite -. È fondamentale
promuovere azioni per l'incremento del numero di specialisti: la
condizione minima richiesta è di avere un clinico in ogni
azienda sanitaria locale e un'unità operativa in ogni
provincia".
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