Le strutture sanitarie private sono
indietro per la diffusione della telemedicina. Il 58%, infatti,
ha dichiarato di non svolgere servizi di cura del paziente a
distanza e di non essere interessata a offrirli nel prossimo
futuro, a fronte di solo un 13% che ha dichiarato di fare
telemedicina e di voler continuare a sviluppare la propria
offerta. I dati emergono dai risultati della prima "Survey
nazionale sulla Telemedicina in ambito ambulatoriale privato"
presentati nella sede dell'università Luiss dall'Osservatorio
Salute Benessere e Resilienza della Fondazione Bruno Visentini
insieme con l'Istituto Superiore di Sanità e il fondo sanitario
integrativo Fasdac. L'indagine è stata condotta su oltre 300
strutture sanitarie private e private convenzionate con il Ssn
distribuite sul territorio nazionale.
Indagando le principali cause identificate come ostacoli
allo sviluppo della telemedicina dall'indagine emergono: la
"complessità organizzativa" (24% dei casi), la "scarsa
propensione o collaborazione del personale sanitario" (15%),
seguiti dalla "onerosità in termini economici" (9%). Se
guardiamo alle sole strutture di grandi dimensioni che erogano
più di 50.000 prestazioni ambulatoriali all'anno, la "onerosità
in termini economici" diventa il problema più rilevante a pari
merito con la "complessità nell'applicazione del regolamento
europeo sulla privacy (Gdpr)", entrambe a quota 17%.
La fiducia riposta verso la Telemedicina da parte degli
operatori, peraltro, secondo il report dell'Iss è
complessivamente "alta" o "medio alta", attorno al 40% nel caso
delle Direzioni generali e Direzioni sanitarie, ma crolla al 27%
per chi è "sul campo", ovvero medici e professioni sanitarie. Ed
è al 27% anche la fiducia dei pazienti nella telemedicina,
problema cui si aggiunge anche la scarsa familiarità con le
tecnologie informatiche (23% dei pazienti). Un altro ostacolo
alla diffusione della telemedicina è poi la mancanza di rispetto
delle linee guida sulla telemedicina, con il 55% delle strutture
che non produce i propri documenti sanitari in maniera conforme
alla legge. E all'interno di queste strutture un 47% intende
adeguarsi entro l'anno allo standard, ma un altro 40% ancora non
conosce le linee-guida. "Per la prima volta - sottolinea
Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la
Telemedicina-Iss - studiamo la telemedicina nella sanità
privata", acquisendo "conoscenze che dovremo sviluppare per
poter promuovere il cambiamento in maniera condivisa".
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