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L'arsenico nell'acqua fa male al cuore anche a livelli bassi

L'arsenico nell'acqua fa male al cuore anche a livelli bassi

Uno studio misura gli effetti di livelli inferiori allo standard

ROMA, 23 ottobre 2024, 12:33

Redazione ANSA

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L'esposizione prolungata all'arsenico nell'acqua può aumentare le malattie cardiovascolari, anche a livelli di esposizione bassi. Lo indica un nuovo studio della Columbia University Mailman School of Public Health, il primo a descrivere le relazioni esposizione-risposta a concentrazioni inferiori all'attuale limite normativo in vigore in molti Paesi tra cui Stati Uniti (10 µg per litro) L'arsenico è stato classificato dalla Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) come cancerogeno per l'uomo per questo anche in Italia i limiti della sua presenza nell'acqua sono stati abbassati a 10 µg per litro) e secondo l'American Heart Association ci sono prove che l'esposizione a valori elevati aumenti il rischio di malattie cardiovascolari.
    Partendo da qui, lo studio ha invece valutato gli effetti di un'esposizione a lungo termine, ma a basse dosi, di arsenico provenienti da forniture di acqua potabile. Per farlo, i ricercatori della Columbia Mailman School hanno utilizzato i registri dell'assistenza sanitaria statale raccolti per la coorte del California Teachers Study. Il team ha raccolto dati sull'arsenico nell'acqua per tre decenni (1990-2020) e ha incluso 98.250 partecipanti, 6.119 casi di cardiopatia ischemica e 9.936 casi di malattie cardiovascolari.
    Lo studio ha rilevato che l'esposizione decennale all'arsenico era associata al rischio maggiore in particolare di ischemia coronarica. Rispetto a un gruppo a bassa esposizione (sotto 1µg/L), il rischio di malattie cardiache è balzato al 20 percento tra coloro che rientravano in intervalli di esposizione da 5 e 10 µg/L ed è più che raddoppiato al 42 percento per coloro che erano esposti a livelli pari o superiori a 10 µg/L.
    I risultati, pubblicati sulla rivista Environmental Health Perspectives, offrono una prova "della necessità di standard normativi per la protezione della salute e forniscono a sostegno della riduzione del limite attuale per eliminare ulteriormente rischi significativi", scrive la ricercatrice principale, Danielle Medgyesi.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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