Il disagio psicologico e sociale
colpisce il 37% (oltre una su tre) delle donne che si rivolgono
a un ambulatorio di ginecologia. Inoltre sempre una su tre di
queste donne (33%) ha riferito di aver subito una qualche forma
di violenza, fisica (22,1%), psicologica (55,1%) o verbale
(42,6%) e sessuale (8,1%). Mentre il 14% del campione vive in
condizioni di insicurezza alimentare. Sono alcuni risultati di
una ricerca promossa dalle ACLI (Associazioni Cristiane
Lavoratori Italiani) di Roma, condotta da Antonia Carla Testa,
Università Cattolica e Policlinico Gemelli IRCCS. Presentato al
Gemelli, lo studio ha coinvolto oltre 400 donne di età media 43
anni; il 19% si era rivolta agli ambulatori per un controllo, il
45% per un problema ginecologico e il 36% per una patologia
oncologica. Il disagio è risultato strettamente legato alla
malattia, che a metà delle donne ha cambiato la vita. È emersa
per esempio l'insoddisfazione per il proprio corpo (nel 27.4%
dei casi), il non sentirsi comprese (40,4%), la perdita delle
certezze e l'inadeguatezza all'attuale condizione di vita (20,9%
e 20,4%). Inoltre, il 35% delle donne ha riferito cambiamenti
nelle relazioni a causa di essa; molte si sono sentite trattate
con compassione o isolate e molte hanno provato sintomi di ansia
riguardo al giudizio e preoccupazioni legate alla malattia
cronica o oncologica.
L'Ingegnere Tina Pasciuto della Cattolica - Gemelli IRCCS,
che ha curato l'analisi dei dati, ha evidenziato che "tra i
fattori di rischio del disagio vi sono senz'altro avere una
patologia oncologica e cronica, le difficoltà economiche e
l'aver subito violenza. In particolare il rischio di disagio per
le pazienti oncologiche è quasi 4 volte maggiore rispetto alle
pazienti sane". Per quanto riguarda la violenza, i principali
fattori di rischio sono soffrire di patologia ginecologica
benigna, avere difficoltà economiche, o trovarsi in condizioni
di insicurezza alimentare.
L'indagine ha evidenziato che la difficoltà economica aumenta
il rischio sia di avere disagio psicologico e sociale (quasi 4
volte maggiore), sia di subire violenza (più del 70% maggiore)
nonché di soffrire di insicurezza alimentare (6 volte maggiore).
E' cruciale "favorire l'integrazione socio-sanitaria per offrire
risposte in grado di curare la persona con un approccio
olistico", conclude Lidia Borzì, Presidente ACLI di Roma.
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