La completa decarbonizzazione del
sistema elettrico italiano entro il 2035 è possibile e anche
vantaggiosa per l'economia del Paese, sia dal punto di vista del
ritorno economico che sfiorerebbe i 400 miliardi di euro fra
reti e impianti sia per quanto riguarda gli occupati calcolati
intorno a 117.700 ma che superano 1.362.000 considerando il
ciclo di vita di reti e infrastrutture che è di 50 anni.
Lo conferma il "Rapporto sugli impatti economici e
occupazionali delle politiche per un sistema elettrico italiano
decarbonizzato nel 2035", curato dalla Fondazione Ecosistemi per
conto del Wwf Italia.
In particolare, nel settore delle fonti di energia
rinnovabile gli investimenti necessari per la realizzazione
degli impianti sono stimati in 161,2 miliardi di euro, con un
costo di gestione attualizzato fino al 2035 di circa 27,5
miliardi. I vantaggi economici diretti, indiretti e indotti, che
restano in Italia, ammontano a 350,6 miliardi di euro (140,6
miliardi per la manifattura, 116,6 miliardi per l'edilizia, 35,4
miliardi per i servizi e le professioni, 93,4 miliardi per altre
attività economiche).
Per quanto riguarda le reti si stimano investimenti pari a
circa 31 miliardi e costi di gestione di circa 3,7 miliardi. Gli
impatti economici diretti, indiretti e indotti che restano in
Italia ammontano a 48,6 miliardi.
Lo studio, che si basa su due precedenti documenti elaborati
dal think tank per il clima Ecco e la società di analisi
Artelys, esamina otto filiere produttive (reti con linee aeree,
reti con linee sottomarine, solare fotovoltaico a terra, solare
fotovoltaico su tetto, eolico onshore, eolico offshore,
biomasse, idroelettrico), distinte in due differenti aree
(impianti rinnovabili e reti), indagando le loro principali fasi
del ciclo di vita: costruzione, installazione, manutenzione.
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