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Il dramma di Verona, ha sparato al figlio e si è suicidata

Il dramma di Verona, ha sparato al figlio e si è suicidata

L'ipotesi della procura di Verona, il 15enne colpito alla testa è in condizioni disperate

VERONA, 22 settembre 2024, 11:47

di Michele Galvan

ANSACheck
IL DRAMMA DI VERONA, SPARA AL FIGLIO E POI SI SUICIDA - RIPRODUZIONE RISERVATA

IL DRAMMA DI VERONA, SPARA AL FIGLIO E POI SI SUICIDA - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nelle foto è sempre sorridente Alessandra Spiazzi, attorniata dalle amiche del gruppo 'Mamme volenterose" nelle tante iniziative sociali, in braccio l'amato cagnolino, un carlino nero. Un'immagine apparentemente serena, lei mamma di 15enne di cui andava orgogliosa, che si è infranta quando - senza segnali premonitori - ha impugnato una pistola ed ha sparato prima al ragazzo, riducendolo in fin di vita, poi contro sé stessa, uccidendosi, un solo colpo alla testa.

E' stata lei a sparare nel pomeriggio di ieri nella villetta di Vago di Lavagno, nel veronese, due colpi: il primo al figlio, da poco rincasato da scuola, il secondo per farla finita.Questo il quadro delineato al termine delle indagini dei Carabinieri, coordinati dalla Procura di Verona.

Una vicenda che a lungo è parsa un rebus, sciolto solo il giorno successi da Procura e Carabinieri. Luciano, 60 anni, il marito di Alessandra e padre de ragazzo, era in casa ma non avrebbe assistito alla sparatoria, avvenuta nella cucina dell'abitazione. E' stato sentito a lungo in caserma, come testimone, ed ha contribuito a delineare le possibili cause della tragedia.

Alessandra non stava bene, da tempo era seguita per i problemi di natura psicologica. Ultimamente però, hanno riferito fonti qualificate, non assumeva più i suoi farmaci, e pare avesse saltato gli ultimi appuntamenti con gli specialisti. Un'esplosione di violenza comunque inspiegabile, concordano gli inquirenti e, ala fine, inquadrabile in quel "dramma familiare" del quale gli investigatori aveva parlato ieri sera a mezzo voce. Determinante è stata poi la prova dello stub, risultata positiva su Alessandra.

Nessun altra responsabilità, nessun indagato. "Al momento - ha spiegato il procuratore di Verona, Raffaele Tito - l'ipotesi indiziaria più accreditata è quella del tentato omicidio del ragazzo compiuto dalla madre che poi si è suicidata, la donna da tempo aveva problemi sanitari". Una tragedia che potrebbe non aver visto scritto ancora l'ultimo capitolo: il ragazzo è sempre in condizioni disperate. Troppo grave la ferita alla nuca provocata dal colpo d'arma da fuoco. Il bollettino medico emesso oggi dall'ospedale Borgo Trento di Verona, dov'è ricoverato, lascia poco spazio alla speranza: il 15enne "è nel reparto di neurorianimazione diretto dal professor Leonardo Gottin. Dopo la notte - viene spiegato - le condizioni del paziente permangono gravissime ed è sostenuto farmacologicamente e meccanicamente in tutte le funzioni vitali".

Arrivato all'ospedale "in condizioni cliniche già gravissime", era stato immediatamente sottoposto a una terapia di supporto massimale. Alessandra Spiazzi aveva lavorato come centralinista in un call center, e da poco era andata in pensione. Ciò che si coglieva da fuori, così la descrivono amiche e conoscenti, era l'immagine di una donna molto impegnata nel sociale, nelle iniziative dell'associazione "Mamme volenterose di Lavagno", che si occupa di volontariato e contrasto alla violenza.

Sul profilo Facebook del gruppo da oggi compare un cuore rosso, simbolo dell'associazione, sormontato da un fiocco nero. Lo scorso anno Alessandra era stata tra le promotrici di una camminata per le vie del paese contro la violenza sulle donne, in occasione del femminicidio di Giulia Cecchettin.

Adorava il figlio, un adolescente bravo a scuola - frequentava il liceo - appassionato degli sport in palestra, presente nelle attività della parrocchia. I suoi successi a scuola, "erano il suo orgoglio" racconta chi la conosceva. E poi gli amati animali, il cagnolino di casa, e i gatti, che piacevano al figlio, sempre a girare in giardino.

Resta ancora qualche elemento da chiarire: la pistola del tentato omicidio-suicidio apparteneva al padre della donna (nel frattempo deceduto) ma per qualche ragione non era mai stata restituita alle autorità. E' possibile che non fosse nella villetta di via Galilei, ma da un'altra parte, forse nella vecchia abitazione di famiglia. Alessandra non aveva alcuna dimestichezza con le armi da sparo. Eppure ha esploso al primo tentativo quei due colpi che hanno infranto la sua vita, quella del figlio, e del marito, Luciano, un vigile del fuoco, che cercherà per sempre risposte che forse non ci sono.

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