Il 75% dei pazienti con leucemia
acuta mieloide trapiantati da donatori familiari guariscono:
Antonio Pierini, professore associato in servizio presso la
struttura complessa di ematologia e trapianto di midollo osseo
dell'università degli studi e dell'azienda ospedaliera di
Perugia, è stato invitato a relazionare al 66/o congresso della
Società americana di ematologia tenutosi recentemente San Diego
(Usa), sul dibattuto e rilevante tema della "Prevenzione della
recidiva leucemica dopo il trapianto di midollo".
Pierini ha condiviso con la comunità scientifica
internazionale gli aspetti più innovativi della piattaforma
trapiantologica in uso presso il Centro trapianti attivo a
Perugia e gli "straordinari - sottolinea l'ateneo - risultati
ottenuti".
Il ricercatore ha sottolineato come ben il 75% dei pazienti
affetti da leucemia acuta mieloide ad alto rischio e trapiantati
da donatori familiari parzialmente compatibili sono guariti, e
ha osservato come tale percentuale di guarigione sia nettamente
superiore a quella nei centri europei e nord americani, dove si
registra un valore intorno al 50%.
"Il risultato è legato in gran parte alla bassissima
incidenza di recidive - spiega il ricercatore - ottenuta grazie
all' impiego, suggerito dai modelli sperimentali prevalentemente
condotti dalla dott.ssa Loredana Ruggeri, di un'innovativa
composizione del materiale trapiantato, ovvero fatto con cellule
staminali purificate associate a cellule T-regolatorie e
linfociti T-convenzionali. Si tratta - prosegue il prof. Pierini
- di una vera e propria terapia cellulare di precisione capace
di esercitare una potentissima azione antileucemica. Un tipico
esempio di medicina traslazionale, dove i risultati della
ricerca vengono trasferiti dal laboratorio al letto del
paziente".
"L'altra arma vincente - continua Pierini - è costituita
dall'impiego della strumentazione di radioterapia elicoidale
utilizzata dalla sezione di radioterapia oncologica, diretta
dalla professoressa Cynthia Aristei per trattare il paziente
immediatamente prima del trapianto, con il fine di facilitarne
l'attecchimento e contribuire alla distruzione delle cellule
leucemiche residue. Grazie a questo strumento, infatti, è
possibile irradiare tutte le ossa con una dose di raggi ridotta,
causando un minore danno agli organi e ai tessuti sani e una
inferiore tossicità dell'intera procedura trapiantologia, così
da consentire l'estensione del trapianto salva-vita anche a
pazienti di 60-70 anni".
Al medesimo congresso, i medici in formazione specialistica.
Francesco Zorutti e Gaetano Cimino hanno presentato,
rispettivamente, i promettenti risultati preliminari
dell'applicazione dei nuovi protocolli di radioterapia con dosi
aggiustate nel trapianto a pazienti con leucemia acuta ad alto
rischio, e l'importanza della caratterizzazione genetica al fine
di realizzare una diagnosi di precisione in grado di predire la
risposta a specifiche terapie, così da ottenere un trapianto di
successo.
"I risultati descritti e pubblicati dal prof. Pierini -
commenta la professoressa Maria Paola Martelli, direttrice della
scuola di specializzazione in ematologia e responsabile della
sezione di ematologia e immunologia clinica - testimoniano come
la struttura complessa di ematologia e trapianto di midollo
osseo di Perugia sia un centro trapianti di grande rilevanza
internazionale e un polo di attrazione per tanti pazienti
provenienti sia dall'Italia che dall'estero. L'integrazione del
centro trapianti con il reparto, inoltre - evidenzia la
professoressa - rappresenta un grande vantaggio per il paziente,
che, dalla diagnosi alla cura, viene seguito lungo tutto l'iter
terapeutico presso lo stesso centro in percorsi 'di precisione'
condivisi e coordinati".
L'attività del programma trapianto presso la struttura
complessa di ematologia e trapianto del midollo osseo di
Perugia, attualmente coordinato dalla dottoressa Alessandra
Carotti, al quale collaborano i ricercatori e le ricercatrici
UniPg, ha una lunga storia.
Nel 1985 - ricorda una nota dell'università - fu effettuato
il primo trapianto di midollo osseo da donatore familiare
compatibile. Negli anni '90 per la prima volta si dimostrò come
fosse clinicamente fattibile il trapianto da donatore familiare
parzialmente compatibile.
Questa scoperta - che è stata pubblicata nelle più note
riviste internazionali, con grande eco anche nei media nord
americani ed europei - ha segnato un passo estremamente
importante nella storia trapiantologica: da allora, infatti, è
possibile affermare che tutte le pazienti e i pazienti che
necessitano di un trapianto hanno un donatore.
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