Neffa, "Con album in napoletano ritorno a origini"
Esce AmarAmmore, "dagli ascolti del passato ai suoni di oggi"
ROMA
(di Claudia Fascia) +++EMBARGO WEB ALLE
20 DI STASERA+++ Da anni Neffa coltivava il desiderio di
realizzare un disco in napoletano. Un modo per rendere omaggio
alle sue origini, lui di sangue campano (mamma di Scafati, babbo
di Napoli), cresciuto a Bologna. "Da piccolo mi davano del
terrone o del marocchino e non capivo, ma quando ho scoperto la
potenza artistica delle mie origini, non ce n'è stato più per
nessuno". A sei anni dall'ultimo album, il desiderio è così
diventato realtà e domani 2 aprile esce "AmarAmmore" (Numero
Uno), anticipato dal singolo Aggio Perzo 'O Suonno con Coez e
produzione di TY1. "Napoli è sempre stato qualcosa di
incompiuto: fa parte di me, ma io non ne ho mai fatto davvero
parte. Questo è un modo per chiudere un cerchio", aggiunge
spiegando che il lungo silenzio discografico non è stato
casuale. "Nel 2017 avevo un disco pronto, quando lo feci
ascoltare non convinse e mi fu chiesto di trasformarlo in un
album con ospiti. A quel punto rinunciai e seguì un periodo in
cui ho scritto poco. Il pensiero di non fare più un disco non mi
atterriva, ma guardavo con curiosità, consapevole che la musica
era sempre in me, anche se sotto altre forme". Poi un anno e
mezzo fa la svolta. "E' come se fossi stato travolto da un'onda
- racconta ancora l'artista -: in due mesi, tra fine 2019 e
inizio 2020, pre-pandemia, ho scritto una trentina di canzoni.
Venivano fuori come lava colante, pezzi della mia anima che
prendevano forma. Anche per questo ho voluto che la copertina
del disco fosse un disegno di mio padre. E se all'inizio pensavo
di giocare con il napoletano, ad un certo punto è come se il
napoletano mi avesse detto: ora gioco io con te. Mi sono
lasciato circondare dalla temperatura emozionale che trasmette
la melodia napoletana". La seconda fase ha preso forma dopo il
lockdown, "perché mi sono fermato, non riuscivo a concepire la
musica come salvifica. Per me è amore e se il mondo non sta
sufficientemente bene, non può tradursi come tale". AmarAmmore è
un disco tutto cantato nella lingua principe della canzone
italiana, che prende il via dalle influenze di Renato Carosone,
passa per gli ascolti di Roberto Murolo e Pino Daniele e arriva
fino alla musica rap e trap di oggi. Con la consapevolezza che
lingue e dialetti si evolvono e che il classico può essere
riletto con il moderno. "In fondo la musica napoletana è sempre
stata una fusione: a partire dal Cinquecento, quando la classica
si fondava con la popolare, o con Carosone che prendeva lo swing
e Daniele con il blues: Napoli prende questi generi e gli dà il
suo marchio. La sfida è essere compenetrato da questo marchio",
sottolinea. Un tuffo nelle origini, dunque, per guardare al
futuro e fondere generi diversi, che hanno modellato e cesellato
lo stesso Neffa, a partire dal rap, di cui è stato uno dei
precursori in Italia, per arrivare al soul. "Nel tempo si è
creata la falsa idea che io schifi il rap e il mio passato. Non
è affatto così, mi ha regalato tanto e quello che sono oggi, lo
sono anche grazie a quelle esperienze. Come tutto quello che
succede nella vita, anche gli errori. Mi sono allontanato dal
rap per fare altro, è un ritmo che mi piace ancora anche se non
mi ritrovo tanto con i testi: quando lo facevo io le parole
avevano un peso diverso". Anche per questo nel nuovo disco ha
chiamato a collaborare solo rapper: oltre Coez (l'unico non
campano, se non di nascita), ci sono Livio Cori e Rocco Hunt.
"E' stato naturale, il rap ce l'ho sempre lì. Ho più di 50 anni,
ma evidentemente dentro c'è uno che fa musica più giovane -
scherza Neffa -. L'importante è essere sempre fuori tempo". Per
ora di live non si parla, "un po' per la situazione, un po'
perché in passato ho avuto la sensazione che fosse un amore non
troppo corrisposto. I miei tour non generavano un ritorno
sufficiente, ma ringrazio ognuna delle persone che è venuta a
sentirmi".
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