"Non avrei mai pensato che in vita mia mi sarebbe stato possibile tornare a casa a Damasco, ma ora posso sperarlo".
Un messaggio, quello della 26enne nuotatrice Yusra Mardini, portabandiera del Team dei Rifugiati ai Giochi di Tokyo, che è anche una risposta ai timori di ondate di profughi in arrivo dalla Siria, dopo la fine del regime degli Assad, con 54 anni di repressioni e libertà negate.
Mardini la Siria l'ha abbandonata fuggendo per mare, e in parte a nuoto, nel 2015 assieme alla sorella Sarah, nuotatrice anche lei: una storia come quella di tanti profughi, ma che nel suo caso a un certo punto l'ha vista approdare sulle rive dell'isola di Lesbo, quella della poetessa greca Saffo, dopo essersi tuffata da un barcone assieme alla sorella e a due uomini e aver nuotato in mare per tre ore.
Da tutto ciò è nato anche un film 'targato' Netflix, e un anno dopo Yusra era già in vasca all'Olimpiade di Rio 2016, testimone di un qualcosa che andava ben al di là del risultato agonistico. Le due sorelle sono poi andate in Germania, hanno ottenuto la cittadinanza tedesca; ma non hanno mai rinunciato a dire la loro su quel paese martoriato dal quale erano state costrette a fuggire.
Ora con la fuga di Bashar al-Assad e la conquista di Damasco da parte dei 'ribelli', con tanta gente scesa in strada a festeggiare, c'è per Yusra la speranza di una rinascita, e di una società migliore. Lo sa benissimo la ragazza che ha portato la propria causa perfino davanti all'Assemblea generale dell'Onu e in Vaticano da Papa Francesco e che ieri, assieme alla foto di un braccialetto al polso dalla forma dei confini siriani, ha postato considerazioni che sono un auspicio, il desiderio che si realizzi ciò che finora appariva un sogno.
"Siria, oggi inizia un nuovo capitolo, un capitolo di speranza, resilienza e guarigione - le sue parole -. Per anni abbiamo portato il peso di un dolore inimmaginabile, ma anche lo spirito incrollabile che ci definisce come siriani. Come persona che è fuggita dalla distruzione ma non ha mai smesso di amare la nostra patria, ho sempre creduto nella nostra forza di superare ogni ostacolo. Questa libertà è una testimonianza del vostro coraggio, dei vostri sacrifici e del vostro rifiuto di rinunciare a un futuro migliore".
"Insieme, possiamo ricostruire gli uliveti, far rifiorire i gelsomini e creare una nazione in cui pace e dignità prosperino per tutti - scriveva ancora Yusra -. Onoriamo coloro che abbiamo perso forgiando una Siria degna dei loro sogni. Oggi non ci alziamo solo come sopravvissuti, ma come architetti di un domani più luminoso". Poi, una storia, sempre su Instagram, per invitare il mondo a non dimenticare quei "più di 7 milioni di bambini che, in Siria, necessitano di aiuti umanitari". Seguono altre considerazioni, fino al messaggio finale: "Speriamo che le ultime scene che abbiamo visto significhino la fine di quasi 14 anni di bombardamenti, guerra e tirannia". Se lo augura il mondo, non solo lei, portabandiera e simbolo dei Rifugiati.
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