C'é anche un filone che riguarda Catanzaro nella complessa vicenda giudiziaria legata alla strage di Piazza Fontana. Un filone incentrato sulla qualità professionale di giudici di grande valore che, chiamati in un certo senso inaspettatamente ad un difficile compito, si distinsero per impegno ed abnegazione, scrivendo una pagina importante della storia giudiziaria del Paese.
Uno di questi magistrati fu Vittorio Antonini, scomparso nel 2010. Antonini fu il giudice a latere della Corte d'assise di Catanzaro, presieduta da Pietro Scuteri, davanti al quale si celebrò il processo per la strage di Piazza Fontana dopo la dichiarazione di legittima suspicione da parte della Corte di Cassazione e la conseguente decisione di spostare il dibattimento da Milano. Un processo con 34 imputati in cui il pm fu Mariano Lombardi. Una prova complessa per l'apparato giudiziario catanzarese, che dovette risolvere notevoli difficoltà di tipo organizzativo e logistico.
Il dibattimento, iniziato nel 1971, si concluse nel 1979, registrando numerose sospensioni, con due diversi collegi giudicanti in cui però il ruolo di giudice a latere fu sempre svolto da Vittorio Antonini. La sentenza fu di condanna all'ergastolo per i principali imputati, i neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura e l'informatore del Sid Guido Giannettini. L'anarchico Pietro Valpreda, accusato dell'esecuzione materiale della strage, fu invece assolto.
Vittorio Antonini fu l'estensore delle motivazioni di quella sentenza. Un lavoro che il giudice svolse con grande impegno.
Oggi una delle sue due figlie, Laura, magistrato anche lei e moglie di giudice (il marito, Massimo Forciniti, presiede la sezione penale del Tribunale di Crotone), presidente del Tribunale di sorveglianza di Catanzaro, sottolinea la qualità del lavoro del padre. "La sentenza della Corte d'assise di Catanzaro sulla strage di Piazza Fontana - dice all'ANSA - rappresentava un importante documento storico. Ed il primo a rendersene conto fu proprio mio padre, che in quell'atto riuscì a compendiare in mille pagine, con gli scarsi mezzi tecnici dell'epoca, il contenuto di tre grandi armadi di atti istruttori. Era consapevole di consegnare alla storia un documento che sarebbe stato studiato negli anni a venire. Un lavoro che svolse anche con forte intensità emotiva".
In appello, sempre a Catanzaro, la sentenza di primo grado fu riformata, con l'assoluzione di tutti gli imputati, ma il giudice Antonini non spese mai una critica per gli sviluppi giudiziari di quella vicenda. "Se provava amarezza - sottolinea Laura Antonini - non lo diede mai a vedere e non ne parlò mai con nessuno perché non si sarebbe mai sognato di criticare i suoi colleghi. Non era nel suo stile".
Ma l'impegno e la sentenza della Corte d'assise di Catanzaro rappresentano, per unanime riconoscimento, un modello nella storia processuale legata alla strage di Piazza Fontana. E questo per merito di magistrati come Vittorio Antonini, Pietro Scuteri e Mariano Lombardi.
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