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Mattarella a San Paolo, siamo tutti un po' migranti

Mattarella a San Paolo, siamo tutti un po' migranti

Visita la struttura d'accoglienza, lezione di umanità per tutti

SAN PAOLO, 18 luglio 2024, 12:50

Giampaolo Grassi

ANSACheck
Mattarella a San Paolo, visita al museo dell 'immigrazione - RIPRODUZIONE RISERVATA

Mattarella a San Paolo, visita al museo dell 'immigrazione - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il centro brasiliano più italiano di tutti è San Paolo, dove gli abitanti col sangue nostrano si contano a milioni. Una storia che scorre nel museo della città dedicato all'Immigrazione. Dentro c'è un muro in legno con incisi i cognomi delle persone che da metà Ottocento, e poi per almeno un secolo, sono arrivate là un po' da tutto il mondo. Abbondano i suoni familiari: Chirico, Ercolani, Giovannini.

La visita in Brasile del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha alle spalle questa memoria: "Siamo tutti un po' migranti", ha detto il Capo dello Stato alla guida che gli stava illustrando i padiglioni del museo a San Paolo. Per gli italiani, il Brasile è stata terra di accoglienza. Ancora oggi è un Paese dalla cittadinanza facile, con lo Ius soli.

Video San Paolo, Mattarella accolto da una rappresentanza della comunita' italiana

 

Il museo è dentro l'Hospedaria, dove venivano accolti i milioni di immigrati in arrivo dall'Europa, dal Medio Oriente e dall'Asia. Un tratto ancora vivo. Nello stesso immobile c'è l'Arsenale della Pace, gestito dal Sermig (il Servizio missionario giovanile) di Torino, che ora dà rifugio ai brasiliani in difficoltà: 1.200 al giorno, persone senza casa, famiglia, senza lavoro. I migranti di ieri e di oggi. Gli emarginati di ieri e di oggi. La "straordinaria condizione che unisce l'Arsenale della Speranza di Torino a quelli di San Paolo e in Giordania" ha sottolineato Mattarella, sollecita "tutti quanti, perché parte da una convinzione di base che non dovremmo mai dimenticare: ciascuna persona, uomo o donna, rappresenta un patrimonio irripetibile e unico al mondo e non c'è nessuna persona che sia mai perduta davvero. L'Arsenale è una lezione di umanità che serve a chiunque, da portare con sé e custodire". Un messaggio, un ammonimento. Da San Paolo Mattarella ha chiamato il fondatore del Sermig, Ernesto Olivero, che gli aveva mandato un videomessaggio dove spiegava che "l'Arsenale della pace è diventato un piccolo villaggio per dare a tutti dignità con il desiderio che anche nel resto del mondo accada la stessa cosa.
    Non è un sogno, è possibile". Gli ospiti dall'Arsenale della Pace hanno accolto Mattarella con applausi, sventolando bandierine metà del Brasile e metà dell'Italia. Sui muri ci sono ancora le lastre in marmo con gli avvisi alle persone che venivano accolte, dopo viaggi drammatici via mare. Sono scritte in italiano, perché gli ospiti erano soprattutto italiani: "Una volta partiti dall'Hospedaria non hanno più diritto di tornarvi". Là ricevevano assistenza sanitaria, là avevano un posto dove dormire e mangiare in attesa di trovare lavoro, spesso come manovale. Il tema dell'immigrazione è costante nei viaggi di Mattarella. In Ghana, nell'aprile di quest'anno, con la visita al Castello di Christiansborg, uno dei tanti forti dislocati sulla costa dell'Atlantico da cui in passato partivano le navi di schiavi. L'anno scorso, in Patagonia, con la tappa al Museo salesiano Maggiorino Borgatello. Nel 2017 in Argentina, quando ricordò che il Paese "ha saputo fare delle migrazioni una opportunità". E ancora prima, nel 2016, al museo dell'immigrazione di Ellis Island, l'isola alla foce del fiume Hudson che è stata la maggiore frontiera di ingresso per gli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti. 

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