(dell'inviato Paolo Cappelleri)
Le elezioni europee alla vigilia del
G7 potevano essere un'insidia, e invece sono andate anche meglio
di quanto sperasse. Ora Giorgia Meloni conta di infilare un
altro successo, al summit, per presentarsi ancora più forte al
tavolo di Bruxelles, dove da lunedì partirà la trattativa per la
nuova governance dell'Ue. Sono due partite formalmente del tutto
distinte e sganciate, ma di fatto nella tre giorni fra gli ulivi
di Borgo Egnazia ogni gesto e parola potranno essere letti in
una duplice chiave. Soprattutto quando la premier si incrocerà
con Emmanuel Macron, Olaf Scholz o Ursula von der Leyen.
Lo dimostrano già le tensioni sul mancato riferimento al
diritto all'aborto, espunto dalla bozza della dichiarazione
finale circolata alla vigilia del primo G7 in cui si affaccerà
un Pontefice, che ha generato l'irritazione della delegazione
francese e quella europea. Un capitolo che fa riemergere la
distanza fra l'approccio di Palazzo Chigi su alcuni temi e
quello di altre cancellerie, con cui è tutt'altro che scontato
un rapido allineamento nel risiko delle poltrone che contano a
Bruxelles. In particolare con l'Eliseo. Ed è a Parigi che guarda
soprattutto Meloni, che vorrebbe attendere l'esito delle
elezioni parlamentari francesi del 30 giugno-7 luglio prima di
vedere entrare le trattative nel vivo. Il cronoprogramma su cui
punta von der Leyen per ottenere il bis è decisamente più
serrato. Chi vuole provare a chiudere in tempi stretti, è il
ragionamento che si fa nel partito della premier, dovrà
seriamente prendere in considerazione le rivendicazioni di Roma
su un commissario di peso e una vicepresidenza esecutiva.
La poltrona di Alto rappresentante della politica estera è
un'opzione, e in quel caso sarebbe un profilo da non escludere
l'ambasciatrice Elisabetta Belloni, al fianco di Meloni a Borgo
Egnazia come sherpa del governo per il G7, nonché direttrice del
Dis. Anche se la stessa premier nelle scorse settimane ha fatto
riferimento a un portafoglio economico di peso. Il commissario
con delega alla Concorrenza resta una soluzione appetibile per
Roma. Sarà difficile, comunque, che la leader di FdI e dei
Conservatori europei si sbilanci in alcun modo nelle chiacchiere
informali in Puglia, dove intanto le è arrivato anche l'invito
dell'alleato Antonio Tajani a "dire la sua sull'indicazione del
presidente della Commissione europea". Il leader di FI continua
ad auspicare "un'intesa fra popolari, liberali e conservatori",
che però al momento non avrebbe i numeri. Mentre l'altro
vicepremier, il leghista Matteo Salvini, ha rilanciato il patto
con Marine Le Pen per un centrodestra unito anche in Ue.
Le mosse dell'Ecr guidato da Meloni restano però ancora
coperte. Non c'è fretta, dal punto di vista della presidente del
Consiglio. Nell'immediato è focalizzata sugli sforzi politici e
diplomatici per rendere il vertice in Puglia un successo,
soprattutto sui vari capitoli prioritari per l'Italia,
dall'immigrazione all'Intelligenza artificiale, oltre ovviamente
alle crisi geopolitiche in Ucraina e Medio Oriente. Prima della
sessione finale di venerdì (a tre mesi dal bacio sulla testa
ricevuto nello Studio Ovale della Casa Bianca), Meloni ha in
agenda anche il bilaterale con Joe Biden, momento di cruciale
importanza come lo sono da sempre tutti i faccia a faccia fra il
capo del governo italiano e il presidente degli Stati Uniti.
Venerdì sera dovrebbero anche prendere forma definitivamente i
paragrafi della dichiarazione finale che riguardano la Cina.
Negli aspetti legati alla guerra in Ucraina ma anche alle
dinamiche commerciali e competitive, con i Sette che addebitano
al Dragone una sovraccapacità industriale in settori come quelli
dei veicoli elettrici e dei pannelli solari. Anche questo è un
dossier che rappresenta una sfida complessa. Perché non è
lontano il momento in cui Meloni volerà a Pechino per una visita
ufficiale. E perché a Bruxelles pare imminente la mossa per
aumentare i dazi sulle importazioni di auto elettriche dalla
Cina, che potrebbero arrivare fino al 25%.
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