Un pranzo all'Eliseo e i riflettori del dopo-Barnier si sono puntati su François Bayrou, il centrista capo del MoDem, che potrebbe finalmente diventare premier. Per decenni personaggio scomodo e perennemente alternativo in un Paese dominato dall'alternanza fra destra e sinistra, Bayrou è diventato protagonista con l'avvento di Emmanuel Macron, che ha occupato il centro dello scacchiere politico. Ha capito il fenomeno emergente, lo ha ispirato e guidato, negli anni di Macron all'Eliseo lo ha anche criticato e bacchettato. Oggi è lui il favorito per il posto più scomodo e il compito più arduo, guidare un governo senza maggioranza stabile.
Settantatré anni, proprio come il suo predecessore Barnier, François Bayrou vede allinearsi i pianeti favorevoli ad una sua nomina: "Ora o mai più", è la frase che ripetono i suoi fedelissimi mentre il capo del MoDem passa da una consultazione all'altra. E' pronto ad assumersi le responsabilità richieste, si sente in grado di compiere l'impresa di non farsi sfiduciare da Marine Le Pen e nemmeno dal Nuovo Fronte Popolare. Alla leader del Rassemblement National lo lega un rapporto di correttezza e personalmente anche qualcosa di più: fu tra i pochi a difenderla quando in tribunale l'accusa al processo per gli assistenti parlamentari del Front National a Strasburgo chiese per lei l'ineleggibilità per 5 anni. La leader conoscerà la sentenza in primavera, ma fra i primi a reagire fu Bayrou, che aveva vissuto personalmente una vicenda simile (dipendenti del MoDem pagati con stipendi del Parlamento europeo), dalla quale fu poi scagionato. Alla Le Pen, Bayrou espresse solidarietà, affermando che la sua ineleggibilità alle presidenziali 2027 "distorcerebbe la vita democratica": "Non amo l'ingiustizia, anche quando viene fatta ai danni dei miei avversari", disse. Una presa di posizione che Le Pen apprezzò moltissimo.
Senza contare che i due hanno in comune una battaglia per introdurre la proporzionale nel sistema francese, maggioritario a doppio turno. Per Bayrou si tratta "dell'unico modo per formare ampie coalizioni delle quali il Paese ha bisogno". La sua fede cattolica si concilia perfettamente con il suo rispetto della laicità: "Quando assisto ad un messa come personalità ufficiale, non faccio la comunione e non mi inginocchio", tiene a sottolineare. A sinistra è stimato come personalità di dialogo, grande esperienza e affidabilità.
Se oggi è apparso come il favorito, Bayrou non è l'unico in corsa per Matignon. Molti scommettono su Sebastien Lecornu, ministro della Difesa e fedelissimo macroniano, al fianco del presidente anche nella visita di Stato a Riad finita ieri. E' l'unico ad essere stato sempre presente in tutti i governi dal 2017, dopo l'avvento di Macron all'Eliseo. E, agli occhi del presidente, ha il vantaggio di avere un dialogo aperto con il partito di Le Pen oltre che con la destra dei Républicains, partito dal quale proviene. Oggi ha dichiarato di "non essere candidato a nulla", ma sono sfumature. Ai blocchi di partenza ci sarebbe anche Bernard Cazeneuve, ex socialista ed ex premier, rispettato a destra e a sinistra con fama di uomo in grado di affrontare le situazioni più delicate.
Consentì, come premier, al contestatissimo François Hollande di portare a termine il suo mandato nel 2017. Avrebbe il vantaggio di incoraggiare i socialisti a votare per lui rompendo con La France Insoumise, che lo esclude.
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