"Le sanzioni economiche che gli
Stati Uniti stanno preparando contro la Corte penale
internazionale (Cpi) minacciano l'esistenza stessa del
tribunale". Lo ha detto Tomoko Akane, il primo presidente
giapponese della Cpi, in un'intervista al giornale Asahi
Shimbun, spiegando che le sanzioni in discussione al Senato di
Washington renderebbero "impossibile per la Corte penale
internazionale continuare a esistere".
La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha già
approvato un disegno di legge per imporre sanzioni economiche
contro la Cpi, una decisione arrivata dopo il mandato di arresto
emesso a novembre dalla corte per il premier israeliano Benjamin
Netanyahu, l'ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e
altri funzionari dello Stato ebraico per il loro presunto
coinvolgimento in crimini di guerra a Gaza e in Libano.
Attualmente, spiega il giornale nipponico, anche al Senato Usa
si è andato formando un sostegno bipartisan per una legge che
impone ritorsioni economiche contro la Cpi. Pur dichiarando di
non essere sicura dell'esatta natura dei contenuti della legge,
Akane ha sottolineato che le sanzioni potrebbero estendersi a
un'ampia gamma di procuratori, giudici e altri dipendenti della
Corte, compresa lei stessa. "Sanzioni importanti renderebbero
impossibile il funzionamento ordinario. C'è la possibilità che
le banche, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa
sospendano tutte le transazioni, e se ciò accadesse, non
potremmo pagare i nostri dipendenti e saremmo costretti a
interrompere le attività". In tal caso i mandati di arresto
emessi dalla Corte nei confronti, non solo di funzionari
israeliani, ma anche dei leader di Hamas e del presidente russo
Vladimir Putin, diventerebbero di fatto inapplicabili. "Lo
'Stato di diritto' nella comunità internazionale verrebbe reso
privo di valore, e le vittime dei crimini di guerra non
verrebbero risarcite", ha concluso Akane.
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