(di Enrica Piovan)
I pensionati scendono in piazza, i
medici scioperano, la Rai sta in apprensione, gli editori alzano
la voce e monta la preoccupazione sul fronte della giustizia. La
manovra mette in allarme molte categorie. E agita le
opposizioni, che cavalcano il malcontento per andare all'attacco
del governo. Ma a far rumore è anche il silenzio della
maggioranza e dei big dei partiti. Quasi a lasciar intendere un
certo disappunto per un testo che non soddisfa diverse
richieste.
A partire dal taglio del canone Rai, misura fortemente voluta
dalla Lega. La riduzione da 90 a 70 euro anche per il 2025 era
stata confermata dallo stesso ministro dell'Economia, il
leghista Giancarlo Giorgetti, nella conferenza stampa
all'indomani del varo della manovra in cdm. Ma nei 144 articoli
della legge di bilancio non ce n'è traccia. Un giallo su cui il
Carroccio non commenta. Ma su cui probabilmente si cercherà di
intervenire nella conversione in Parlamento. Soprattutto dopo
che si è mosso anche il cda Rai, che non ha accolto con favore
le misure sull'azienda contenute in manovra (limiti alle spese
per il personale e le consulenze e tagli dal 2026).
Un altro nodo è anche quello delle pensioni minime, cavallo
di battaglia di Forza Italia. Che ufficialmente in serata,
attraverso il portavoce Raffaele Nevi, si dice soddisfatta del
testo. L'intervento previsto in manovra evita la riduzione che
sarebbe scattata da gennaio, ma aumenta gli assegni di appena 3
euro (da 614,77 a 617,9 euro). Difficile che sia davvero
abbastanza per gli azzurri, che - fermo restando l'obiettivo di
legislatura di arrivare a mille euro - puntavano a portarle
oltre la soglia dei 630 euro. Altro tema che rischia di spuntare
come emendamento nella conversione del ddl in Parlamento. E sul
fronte previdenziale anche la Lega non molla. Il sottosegretario
al Lavoro e vice-segretario del Carroccio Claudio Durigon punta
a "intervenire per dare una prospettiva diversa ai giovani":
"Avevamo avanzato tante proposte - dice ad Affaritaliani.it -
che purtroppo non sono entrate nel testo finale, spero che
possano entrare in sede di conversione in Parlamento".
Ad alimentare gli appetiti dei partiti potrebbe essere anche
l'esito del concordato biennale per gli autonomi. Le risorse
sono prioritariamente destinate all'ulteriore taglio dell'Irpef
per i ceti medi, intervento su cui insiste Forza Italia, che
vorrebbe ridurre di due punti l'aliquota del 35% e allargare lo
scaglione fino ai 60mila euro di reddito. Ma se andasse
"particolarmente bene", come ha anticipato Giorgetti, si
potrebbe anche intervenire sulla flat tax. Una bandierina della
Lega, che punta ad alzare ulteriormente la soglia oltre gli
85mila euro.
Non arriva solo dai partiti il pressing a modificare la
manovra. Sull'estensione della web tax, gli editori della Fieg,
"stupidi ed amareggiati", auspicano "un intervento correttivo
del Parlamento". Invece la norma che fa saltare i processi con
il mancato pagamento, o anche il pagamento parziale, del
contributo unificato, preoccupa l'Organismo Congressuale
Forense, che si dice pronto ad "ogni iniziativa" per evitarne
l'approvazione. I costruttori dell'Ance sono preoccupati della
mancanza della proroga delle norme sul caro materiali: senza,
sostengono, si rischia lo stop di "moltissimi cantieri, compresi
quelli del Pnrr". Un timore anche questo condiviso da Forza
Italia, che si prepara ad intervenire: "Sarà mia cura - annuncia
la deputata azzurra Erika Mazzetti - presentare un emendamento".
Qualcosa potrebbe spuntare anche per Transizione 5.0,
l'agevolazione per le imprese su cui il Mimit si sta
confrontando con Confindustria per possibili modifiche.
In questo clima la manovra appena arrivata alla Camera sembra
già avere tempi lunghi. Le audizioni, inizialmente previste
dalla prossima settimana, non inizieranno prima del 4 novembre,
mentre il termine per gli emendamenti potrebbe essere fissato
intorno all'11 novembre. L'obiettivo è portare il testo in Aula
a metà dicembre, ma già si dice che non ce la si farà prima del
20. Rendendo la seconda lettura anche quest'anno quasi una pura
formalità. E mandando in fumo l'auspicio di chiudere prima di
Natale.
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