"È uno spettacolo di grande felicità, in cui racconto tutto il mio amore per la musica e i tanti incontri, veri e virtuali, che ho avuto la fortuna di avere: Leonard Bernstein, Quincy Jones, Michael Bublé, i Bee Gees, David Bowie, Michael Jackson, Domenico Modugno, Stevie Wonder.
No, Tony Effe non c'è. Ma noi lavoriamo anche a Capodanno. Visto che è libero, magari un salto lo fa". Con quel suo mix di entusiasmo, ironia e anche un pizzico di sano cinismo, Riccardo Rossi torna in scena, mattatore per tutte le feste sul palcoscenico del Teatro Parioli Costanzo a Roma, con una cavalcata di racconti e note nel suo Volevo fare il musicista (dal 26 dicembre al 12 gennaio).
"Da ragazzo - racconta - suonavo sul pianoforte di mia nonna, poi ho preso lezioni. L'adolescenza è stata seria, con la musica classica, ma dopo un viaggio a Vienna, a Roma aprì una discoteca, il Much More, e lì scoprii la musica black. È stato dopo il Covid, nel 2021, che mi è venuta l'idea di questo spettacolo e mi sono messo a studiare anche armonia con il Maestro Stefano Sastro".
Accompagnato da una band di 10 elementi, la sua missione sarà far ricordare, cantare e anche ballare il pubblico con i più grandi successi di sempre. "Apriamo con un brano veramente molto emozionante di Burt Bacharach e chiudiamo con un medley che, se non balli, vuol dire che sei morto". Nel mentre, un'ora e mezza in cui "dichiaro tutto il mio amore per la musica e racconto come sia nella nostra vita sin da bambini, dal carillon con le api che ci appendono sopra la culla che suona la ninna nanna di Brahms. E poi come ho incrociato nella vita tanti miei miti: Domenico Modugno, ad esempio, abitava al piano sopra il mio in Viale Tiziano a Roma. Ma glielo dissi anni dopo, quando girammo insieme uno spot per il rinnovo della tessera del Partito Radicale. Ho avuto anche l'onore di suonare il suo pianoforte ad Ansedonia nell'84, ma lui non lo ha mai saputo. Stevie Wonder, invece - prosegue - sono andato a sentirlo dal vivo quattro volte. La prima allo stadio del baseball di Nettuno a vent'anni, in mezzo al fango. La seconda, al PalaEur, su un palco a forma di Africa che girava. Li riuscì persino a suonare la batteria, pur essendo cieco. Ma la più strepitosa per me fu al Palaghiaccio di Marino: fai una sola data in Italia, perché lì? Vuol dire che sei proprio cieco. Fu un concerto da vedere con i Mon boot, tanto faceva freddo. Alla fine mi imbucai dietro le quinte insieme ai ragazzi dell'orchestra e riuscii ad avere una foto con lui. Si vede quanto lo tengo stretto a me per paura di perderlo".
"Un appuntamento", quello con Rossi, "che vorremmo diventasse fisso, ogni anno, proprio come sono Ale e Franz per il Lirico di Milano", dice il direttore generale del Parioli Costanzo, Michele Gentile. In programma per le feste, aggiunge il direttore commerciale Fabrizio Musumeci, "c'è anche una speciale serata per l'ultimo dell'anno, con buffet rinforzato".
Ma dopo tanto studio, Rossi avrebbe davvero 'potuto' fare il musicista? Il Maestro Sastro, che nello spettacolo è alle tastiere e firma gli arrangiamenti, conferma: "Tra tutti i miei allievi è il più appassionato", dice. "Ecco - ribatte soddisfatto Rossi - oggi posso dire che 'dovevo' fare il musicista. Anzi, ora cambio il titolo dello spettacolo. E mi candido anche per Sanremo, nella serata dei duetti".
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