(di Bianca Manfredi)
CHAJA POLAK, LETTERA NELLA NOTTE
(SOLFERINO). È scossa Chaja Polak e la sua sofferenza si sente
anche mentre spiega al telefono perché ha scritto 'Lettera nella
notte. Pensieri su Israele e Gaza", lei scrittrice ebrea
olandese che solo per una distrazione dei nazisti non è finita
ad Auschwitz con i suoi genitori. Un appello contro la violenza
e la propaganda che rende ciechi, da entrambe le parti, un
invito accorato e documentato al dialogo.
Il libro, pubblicato in Italia da Solferino, è già uscito in
Germania, a marzo uscirà nel Regno Unito ma non in Israele. "Il
mio editore - spiega all'ANSA - dice che non è il momento".
D'altronde lei stessa misura le parole con i suoi parenti che
sono in Israele, che in televisione, racconta nel suo pamphlet,
vedono raramente quanto accade a Gaza e in Cisgiordania, invece
sentono i razzi, le storie degli ostaggi. Esattamente come nel
mondo arabo poco e niente si vede di quanto è accaduto il 7
ottobre.
Da entrambi i lati cresce la rabbia, cresce la paura e
cresce la violenza. "La guerra va avanti e avanti. A otto mesi
di distanza mi chiedo: sono ancora d'accordo con quanto ho
scritto?. La risposta è sì. Il dialogo è l'unica soluzione, non
la guerra".
"Sono scossa da quanto è accaduto ad Amsterdam perché sono
ebrea": da un lato il "pessimo comportamento dei tifosi del
Maccabi" dall'altra la reazione "mischiando antisemitismo e
critiche a Israele" e rabbia.
"Si confonde l'antisemitismo con le critiche a Israele e
questo lo fanno tutti, lo fanno a Gaza, lo fanno in Israele" e
non si distingue fra i governi e i leader che fanno la guerra "e
gli abitanti che sono le vittime" da una parte e dall'altra. E
non si capisce che "ogni dolore è il dolore più grande" e non si
vede quello dell'altro, non si riconosce che "gli esseri umani
sono in primo luogo umani".
"Davvero - aggiunge - voglio che tutti facciano un passo
indietro e pensino prima di urlare e vedano che sono i governi a
fare la guerra, e gli abitanti sono le vittime. Abbiamo pessimi
governi e leader che avrebbero dovuto cercare soluzioni,
soluzioni che sarebbero arrivate da tempo. Ma comunque non è
troppo tardi, o almeno lo spero, per cercare una soluzione e
fermare la guerra. Io imploro per il dialogo, imploro che nelle
scuole, nelle moschee, nelle sinagoghe si parli invece di
urlare. Non credo che Hamas o Netanyahu leggeranno il libro ma
spero che salga la protesta in Israele".
Polak lo ribadirà domenica al Castello Sforzesco di Milano in
un incontro alle 17 che rientra nel programma di BookCity. "Non
pensate di dover stare con uno o con l'altro. Distinguete fra la
gente e i politici, che cercano il consenso instillando la
paura. Se qualcuno è arrabbiato - è il messaggio che vuole dare
- chiedete perché, discutete e ascoltate".
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