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Da Andre Aciman un memoir sull'anno a Roma

Da Andre Aciman un memoir sull'anno a Roma

Sedicenne alla scoperta della città dopo la fuga da Alessandria

NEW YORK, 24 ottobre 2024, 16:52

Redazione ANSA

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(di Alessandra Baldini) In copertina i 'cremini' Algida e il poster del noir britannico Senza Respiro. Roma a meta' degli anni Sessanta è al centro di My Roman Year, il nuovo memoir di André Aciman, l'acclamato autore di Chiamami con il Tuo Nome, che prende le mosse dal bestseller del 1994 Ultima Notte ad Alessandria sulla fuga della sua famiglia dall'Egitto di Abdel Nasser.
    Come suggerisce il titolo, la permanenza nella Città Eterna di André, fratello e madre fu breve (ripartirono nel 1968 per New York), ma per il sedicenne Aciman, sradicato, straniero e da un giorno all'altro povero, fu un soggiorno che gli cambiò la vita.
    Nato 73 anni fa ad Alessandria in una famiglia sefardita espulsa dalla Spagna nel sedicesimo secolo, gli Aciman furono cacciati dall'Egitto nel 1965 dalle politiche nazionaliste di Nasser. L'Italia che li accolse era quella di Sophia Loren e dei film di Fellini ma la realtà, agli occhi del teenager sbarcato a Napoli in un campo profughi con il fratello minore e la madre sorda fin da bambina, fu ben diversa dalla Dolce Vita.
    Un prozio uscito dall'Egitto anni prima offrì di ospitare la famigliola in un appartamento di tre stanze nel quartiere Appio-Tuscolano usato fino ad allora da lui come bordello. "Non sono un orco", dice zio Claudio ai tre Aciman sbarcata a Napoli senza il padre ma con una trentina di valigie. Se il fratello di André si inseri' presto nella nuova vita, il timido Aciman si rifugio' in Proust e Kafka. "Potevo leggere tutto il giorno senza aprire le persiane per non vedere quel che c'era fuori", ha detto lo scrittore al New York Times rievocando quel periodo: "Poi pero', gradualmente e a mio malgrado, cominciai ad amare un quartiere speciale: non la Roma antica ma quella del Rinascimento e del Barocco. Pensi a Fellini, al Vaticano, al Colosseo, ma per me non c'era nulla che mi toccasse come girovagare per quelle strade del centro storico".
    Così, quando non andava a scuola, con un libro o in bicicletta e qualche soldo in tasca per un cornetto caldo, Aciman cominciò a esplorare Roma, a innamorarsi della citta' e dell'idea dell'amore. Nella seconda parte del memoir lo vediamo innamorarsi contemporaneamente di due vicine di Via Clelia - una liceale e una sarta due volte piu' grande di lui - ma anche di Gianlorenzo, un ragazzo che lavora al mercato con cui arriva a un passo dal rivelare i suoi sentimenti.
    Per Jonathan Galassi, l'editor di Farrar Straus & Giroux che ha aiutato lo scrittore a condurre in porto il memoir, la "fluidità" di Aciman e' parte del suo appeal: "Da' ai lettori il permesso di essere ambivalenti. Parte del suo ethos e' di essere un outsider - ebreo in Egitto, egiziano in Italia, europeo in America". Nel libro Aciman usa l'espressione "la gente di altrove" per descrivere la sua diaspora familiare in cui la perpetua assenza di radici a un certo punto cominciò a sembrare, più che una circostanza, un modo di essere.
   

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