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Irene Nemirovsky raccontata dall'epistolario

Irene Nemirovsky raccontata dall'epistolario

25 anni di corrispondenza, dagli anni felici alla deportazione

ROMA, 11 dicembre 2023, 14:28

Redazione ANSA

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(di Paolo Petroni) IRENE NEMIROVSKY, 'LETTERE DI UNA VITA' (ADELPHI, pp.

460 - 24,00 euro - Traduzione di Laura Frausin Guarino) Il 16 luglio 1942 Irene Némirovsky, arrestata tre giorni prima perché ebrea nella Francia occupata, scrive un biglietto a marito e figlie: "Mio amato, piccole mie adorate, credo che partiremo oggi.

Coraggio e speranza. Vi tengo nel cuore, miei cari. Che Dio ci aiuti". Giusto un mese dopo, il 17 agosto, morì di tifo ad Auschwitz. Il libro, mai terminato, 'Suite francese', che la riporterà all'attenzione internazionale, uscirà postumo nel 2004, ritrovato dalle figlie Denise e Elisabeth in una valigia che aveva affidato all'amica di una vita Julie Dumont, che non l'aveva mai aperta. Eppure questa donna, nata a Kiev nel 1903, a meno di 30 anni era già una scrittrice di successo grazie al romanzo 'David Golder' del 1929, cui volevano assegnare il premio Goncourt, ma lei evitò di parteciparvi, ringraziando Gaston Chereau e spiegandogli, in una lettera del 22 ottobre 1930: "Diventare francese è il mio più grande desiderio... proprio perché vi attribuisco un grande valore, vorrei essere del tutto disinteressata, vorrei che il beneficio morale e materiale del Premio non influenzasse quello che ritengo un grande dono".
    Quella nazionalità non riuscirà mai da averla e, con la caduta di Vichy, il suo amore per Francia e francesi verrà meno, sopraffatto da rabbia e delusione.
    Le lettere, sue e di chi le scrive, sono state divise dal curatore, Olivier Philipponnat, in cinque parti: Spensieratezza (1913-1924), Celebrità (1929-1939), Incertezza (1939-1941), Angoscia (1941-1942) e Incubo (1942-1945). L'ultima parte comprende le lettere del marito (finché non sarà deportato anche lui) e di amici che continuavano a interrogarsi non sapendo della sua fine e, per chiudere il volume, è stata scelta una lettera di Albin Michel, in cui dice di non avere notizie e conclude: "Continuiamo nonostante tutto a sperare". È il suo editore, che le passò sino alla fine un mensile che permise a lei e al marito, che aveva perso il lavoro perché ebreo, di sopravvivere. Mensile versato all'amica Dumont, perché lei non lo avrebbe potuto ritirare in banca.
    Si comincia con un biglietto dell'infanzia, a dieci anni dalle terme di Vichy, per passare all'adolescenza negli anni Venti e all'"inferno parigino" di cui scrive all'amica Madeleine Avot, parlando di serate a teatro, di corteggiatori, di feste: al Circolo russo "ho ritrovato tutti i miei filarini" e "alla fine ho ballato senza fermarmi - avevo sette cavalieri solo per me - sino alle due e mezza". Così, passando da Plombiéres a Nizza a Biarritz, ecco divertimenti e balli della buona società, quella di cui farà una feroce caricatura nel libro 'Il ballo', racconto di una famiglia di arricchiti che dà una gran festa che andrà deserta, perché la figlia indispettita aveva buttato tutti gli inviti nella Senna. Così si vendicherà con 'La nemica' della madre egoista e poco attenta. Intanto, nel 1926, aveva sposato Michel Epstein, russo anche lui, figlio di un banchiere in esilio, che la sosterrà sempre e le sarà vicino sino all'ultimo.
    Con il successo e l'età adulta il tono cambia, ci sono gli amici, ma anche e soprattutto il suo lavoro, i rapporti con gli editori, i ringraziamenti a chi scrive dei suoi libri, magari per far chiarezza con chi le sembra li abbia fraintesi. È una donna che gestisce il proprio impegno letterario con abilità, attenta e disponibile, lasciando in poco più di 17 anni di lavoro 16 romanzi e oltre 50 racconti. Poi l'occupazione nazista della Francia cambia tutto, con le sempre più restrittive leggi antiebraiche, il battesimo cattolico per tutta la famiglia, ma in specie per cercar di salvare le figlie, affidate a una donna in un villaggio della Borgogna, mentre lotta per pubblicare, non potendo più firmare con il suo nome. Un epistolario per chi ha amato i libri della Nemirovsky e vuole conoscerla meglio, seguirla dalla sua spensieratezza all'incubo della fine, scoprendone l'animo, i sentimenti, il valore che dà all'amicizia e naturalmente alla scrittura e alle pubblicazioni, con rari riferimenti alle opere: nel 1942, due mesi prima dell'arresto, scrive di ciò che la occupa "oramai da due anni: un romanzo con diversi volumi che considera l'opera principale della sua vita", riferendosi a 'Suite francese'.
   

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