(di Paolo Petroni) IRENE NEMIROVSKY, 'LETTERE DI UNA VITA' (ADELPHI, pp.
460 - 24,00 euro - Traduzione di Laura Frausin Guarino) Il 16 luglio 1942 Irene Némirovsky, arrestata tre giorni prima perché ebrea nella Francia occupata, scrive un biglietto a marito e figlie: "Mio amato, piccole mie adorate, credo che partiremo oggi.
Coraggio e speranza. Vi tengo nel cuore, miei
cari. Che Dio ci aiuti". Giusto un mese dopo, il 17 agosto, morì
di tifo ad Auschwitz. Il libro, mai terminato, 'Suite francese',
che la riporterà all'attenzione internazionale, uscirà postumo
nel 2004, ritrovato dalle figlie Denise e Elisabeth in una
valigia che aveva affidato all'amica di una vita Julie Dumont,
che non l'aveva mai aperta.
Eppure questa donna, nata a Kiev nel 1903, a meno di 30 anni
era già una scrittrice di successo grazie al romanzo 'David
Golder' del 1929, cui volevano assegnare il premio Goncourt, ma
lei evitò di parteciparvi, ringraziando Gaston Chereau e
spiegandogli, in una lettera del 22 ottobre 1930: "Diventare
francese è il mio più grande desiderio... proprio perché vi
attribuisco un grande valore, vorrei essere del tutto
disinteressata, vorrei che il beneficio morale e materiale del
Premio non influenzasse quello che ritengo un grande dono".
Quella nazionalità non riuscirà mai da averla e, con la caduta
di Vichy, il suo amore per Francia e francesi verrà meno,
sopraffatto da rabbia e delusione.
Le lettere, sue e di chi le scrive, sono state divise dal
curatore, Olivier Philipponnat, in cinque parti: Spensieratezza
(1913-1924), Celebrità (1929-1939), Incertezza (1939-1941),
Angoscia (1941-1942) e Incubo (1942-1945). L'ultima parte
comprende le lettere del marito (finché non sarà deportato anche
lui) e di amici che continuavano a interrogarsi non sapendo
della sua fine e, per chiudere il volume, è stata scelta una
lettera di Albin Michel, in cui dice di non avere notizie e
conclude: "Continuiamo nonostante tutto a sperare". È il suo
editore, che le passò sino alla fine un mensile che permise a
lei e al marito, che aveva perso il lavoro perché ebreo, di
sopravvivere. Mensile versato all'amica Dumont, perché lei non
lo avrebbe potuto ritirare in banca.
Si comincia con un biglietto dell'infanzia, a dieci anni
dalle terme di Vichy, per passare all'adolescenza negli anni
Venti e all'"inferno parigino" di cui scrive all'amica Madeleine
Avot, parlando di serate a teatro, di corteggiatori, di feste:
al Circolo russo "ho ritrovato tutti i miei filarini" e "alla
fine ho ballato senza fermarmi - avevo sette cavalieri solo per
me - sino alle due e mezza". Così, passando da Plombiéres a
Nizza a Biarritz, ecco divertimenti e balli della buona società,
quella di cui farà una feroce caricatura nel libro 'Il ballo',
racconto di una famiglia di arricchiti che dà una gran festa che
andrà deserta, perché la figlia indispettita aveva buttato tutti
gli inviti nella Senna. Così si vendicherà con 'La nemica' della
madre egoista e poco attenta. Intanto, nel 1926, aveva sposato
Michel Epstein, russo anche lui, figlio di un banchiere in
esilio, che la sosterrà sempre e le sarà vicino sino all'ultimo.
Con il successo e l'età adulta il tono cambia, ci sono gli
amici, ma anche e soprattutto il suo lavoro, i rapporti con gli
editori, i ringraziamenti a chi scrive dei suoi libri, magari
per far chiarezza con chi le sembra li abbia fraintesi. È una
donna che gestisce il proprio impegno letterario con abilità,
attenta e disponibile, lasciando in poco più di 17 anni di
lavoro 16 romanzi e oltre 50 racconti. Poi l'occupazione nazista
della Francia cambia tutto, con le sempre più restrittive leggi
antiebraiche, il battesimo cattolico per tutta la famiglia, ma
in specie per cercar di salvare le figlie, affidate a una donna
in un villaggio della Borgogna, mentre lotta per pubblicare, non
potendo più firmare con il suo nome. Un epistolario per chi ha
amato i libri della Nemirovsky e vuole conoscerla meglio,
seguirla dalla sua spensieratezza all'incubo della fine,
scoprendone l'animo, i sentimenti, il valore che dà all'amicizia
e naturalmente alla scrittura e alle pubblicazioni, con rari
riferimenti alle opere: nel 1942, due mesi prima dell'arresto,
scrive di ciò che la occupa "oramai da due anni: un romanzo con
diversi volumi che considera l'opera principale della sua vita",
riferendosi a 'Suite francese'.
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