(di Mauretta Capuano) Detenuti e detenute si sfidano a morte in un torneo di gladiatori per guadagnarsi la libertà negli Stati Uniti del futuro, immaginati dallo scrittore Nana Kwame Adej-Brenyah, dove il sistema carcerario è privatizzato e impera il format televisivo 'Catene di Gloria'.
La superstar del
programma è una guerriera nera e queer, Loretta Thurwar, attorno
alla quale ruota una serie di personaggi tutt'altro che
secondari.
Nel suo primo romanzo - in cui ritroviamo la cultura dei
videogiochi, della tv sportiva e un forte sentimento di protesta
che punta a ritrovare la nostra profonda umanità perduta - lo
scrittore Nana Kwame, nato a New York da immigrati di origine
ghanese, ci mette difronte all'ingiustizia del sistema
carcerario e alla follia che è diventato l'entertainment.
"Esploro tutti i modi in cui gli esseri umani consumano altri
esseri umani, ne fanno merce, li sfruttano come forza lavoro, li
mercificano nell'ambito dello sport, dell'intrattenimento
televisivo, per finire con il sistema carcerario.
Alla fine ci
abituiamo, ci adagiamo su questa situazione e ci sembra sia
normale e non vediamo più come gli esseri umani vengano
consumati nella società attuale. Questa è la cosa che mi
interessa denunciare" dice all'ANSA Nana Kwame al suo arrivo a
Più Libri più Liberi con 'Catene di Gloria' pubblicato dalle
Edizioni Sur nella traduzione di Dario Diofebi e Martina Testa.
"Del sistema carcerario americano avevo una percezione un po'
generale che fosse qualcosa di ingiusto, ma facendo ricerche più
approfondite ho capito che colpisce in maniera punitiva e
discriminante molto di più le persone di colore e della comunità
Lgbt e non è neppure efficace, non serve a prevenire i reati,
non riabilita le persone. Soprattutto danneggia la capacità
delle persone di provare compassione per gli altri, perché
criminalizza il singolo individuo quando il reo è solo il
fenomeno finale di un problema strutturale, di tutta la società"
racconta lo scrittore, autore della raccolta di racconti
bestseller 'Friday Black', che è nato a Spring Valley (New York)
nel 1991.
Il razzismo è ancora un problema negli Stati Uniti? "Trovo
che entrambi i due partiti americani siano estremamente
razzisti, ma che anche al di là dei partiti ci sia una forma di
razzismo che è molto radicata nel dna degli Stati Uniti e questa
cosa è molto spaventosa. C'è la necessità di un enorme
cambiamento. Assistiamo a forme di brutalità portate avanti dai
governi, alle quali neanche Joe Biden si oppone, come i
bombardamenti di Gaza che condanno strenuamente. La situazione è
spaventosa".
"Alle precedenti elezioni ci sono state persone che dicevano,
dopo la vittoria di Trump, me ne vado dagli Stati Uniti. Io qui
ci sono nato e non mi arrendo facilmente e poi bisogna avere il
privilegio di potersene andare. Non sarò dunque uno che, se alle
prossime elezioni presidenziali vincerà Trump, lascerà gli Usa,
però ho moltissima paura perché è molto possibile che lui vinca.
Se Biden corre, probabilmente vincerà Trump" dice. "Di nuovo
questo razzismo sistemico si consoliderà. Sono abbastanza
terrorizzato dalla prospettiva".
Romanzo corale di 500 pagine, 'Catene di Gloria' affronta un
argomento talmente vasto "che ho capito che mi servivano
molteplici prospettive e punti di vista". Perché ha messo al
centro una donna nera e queer, Loretta Thurwar? "Perché è una
soggettività oppressa, però è anche una soggettività
sessualizzata a cui si attribuisce un fascino, su cui si punta
l'occhio. Mi interessava l'ambivalenza. Un sacco di forme di
violenza, di brutalità dello Stato, di ingiustizia sistemica
della nostra società colpiscono di più le donne". Loretta
Thurwar "è un personaggio vittima di questo sistema di
brutalità, ma è anche privilegiata perché è più ricca, è in una
posizione di superiorità eppure combatte per cambiare questo
sistema. È più frequente che sia una donna in una posizione di
privilegio a cercare di cambiare le cose. Gli uomini che
occupano posizioni di potere quasi mai riescono a vedere
l'ingiustizia e a voler cambiare le cose dall'interno. In Usa
l'Nba, la lega di basket, è sia maschile che femminile, ma
quando c'è qualche protesta o denuncia le donne, che sono pagate
meno, sono sempre le prime a prendere la parola contro le
ingiustizie rispetto ai maschi sportivi che non la prendono mai"
dice lo scrittore che ama i videogiochi, i manga e ha dedicato
il suo primo romanzo a suo padre che diceva: "Non c'è niente di
meglio che aiutare qualcuno in difficoltà, niente".
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