(di Marzia Apice) GAETANO PECORARO, 'IL MALE NON E' QUI.
MATTEO MESSINA DENARO.
IL ROMANZO' (Sperling & Kupfer, pp.
240, 18.90 euro).
"Matteo Messina Denaro per me è un'ossessione. Mentre
ricordiamo le stragi di mafia e definiamo chiusi capitoli che
non lo sono, la sua storia è ancora del tutto aperta: per
raccontarla la cronaca con basta, serve la fiction, perché forse
è ancora più potente per cercare la verità". Si muove lungo un
confine ibrido e sottile, intrecciando fatti realmente accaduti
a una rilettura romanzata, l'inviato de Le Iene Gaetano
Pecoraro, all'esordio come scrittore ne "Il male non è qui",
edito da Sperling & Kupfer.
L'autore, dopo il podcast "Armisanti. Vite mafiose e morti
ordinarie", attraverso la vicenda di un magistrato che cerca di
fare luce sul mistero irrisolto di 'MMD', ossia Matteo Messina
Denaro, prova a inseguire l'uomo più ricercato d'Italia, un
latitante ormai divenuto quasi un fantasma: "Non ho la pretesa
della verità, ma voglio essere onesto con il lettore: questo
libro è un ibrido, ma non ci sono fantasie, perché al pubblico
oggi già si raccontano tante cavolate", dice Pecoraro in
un'intervista all'ANSA. "Per scriverlo ci è voluto un anno, ma
dentro ci sono 6 anni di lavoro. Mi ha aiutato aver fatto tante
inchieste in passato: per ricostruire in maniera romanzesca
l'ambiente di MMD ho incontrato anche i suoi familiari, sua
madre e sua zia. Essere una iena significa anche fare il
giornalista in situazioni rischiose. Questa è la mia idea di
informazione".
Per un siciliano forse MMD è anche una 'questione personale'?
"Sono nato e cresciuto a Palermo, una città dove c'era il
coprifuoco, e che veniva paragonata a Beirut. Ricordo
perfettamente dove ero quando è esplosa la bomba a Capaci,
sentii il boato in cucina, e anche quando c'è stato l'attentato
a Borsellino", racconta, 'Quei fatti hanno spezzato i nostri
sogni e la nostra quotidianità: siamo cresciuti più in fretta. E
per quanto mi riguarda hanno condizionato tutte le mie scelte.
Anche a Le Iene mi sono occupato di mafia". Pensato per i
giovani ("questo libro è per i ragazzi, per permettere loro di
entrare in storie di cui si parla poco, così poi magari andranno
ad approfondire", dice), "Il male non è qui" ha una trama ricca
di colpi di scena ma è anche un tributo, "il mio modo di onorare
i 30 anni dalle stragi, per far nascere una riflessione mettendo
l'accento su delle ferite aperte. Nel libro seguo tre filoni: il
sangue, inteso come disumanità di MMD; l'amore, ossia la sua
passione per le donne, la pista più concreta che stava portando
gli inquirenti a prenderlo; e poi gli intrighi di palazzo, per
capire ombre e misteri legati a rapporti incestuosi tra Stato e
antistato".
In questi anni lei che idea si è fatto? "Con MMD c'è sempre
qualcosa che non torna. Lui sembra essere un fantasma. Possiamo
però partire dalla concretezza, dalla sentenza del tribunale di
Caltanissetta che lo ha dichiarato colpevole per la strage di
Borsellino e ha delineato il suo ruolo", prosegue, "quando sono
stati catturati Riina e Provenzano tante sono state le ombre: le
stesse che si ritrovano anche nel caso di MMD, forse legato a
segreti che possono far tremare i vertici della nostra
Repubblica". Emblematico è il protagonista del libro, il
magistrato Mimmo Bosso: "Sì, lo racconto come 'il signore degli
ergastoli' per i tanti arresti fatti. Ma, dopo aver fallito per
anni la cattura di MMD, poi è finito al tribunale dei minori. La
storia di un mediocre? No, era solo che la partita era
truccata", spiega, "ed è proprio questa la sensazione. Ci sono
corpi speciali che con tanti finanziamenti si occupano ancora
oggi di cercare questo latitante: ci lavorano da anni, eppure
mai un risultato. Tanti magistrati sono stati messi da parte,
altri invece hanno fatto carriera. Io dico solo che dovremmo
seguire quello che dice Fiammetta Borsellino: indagare la mafia,
ma anche i 'colleghi' di suo padre".
"Le forze sane di questo Paese devono essere libere di
indagare, ce lo meritiamo", conclude Pecoraro, "bisogna aprire
gli archivi, per comprendere i legami tra MMD, la destra
eversiva e i servizi segreti internazionali. Dire che è un
problema di mafia semplifica le cose: ma così tradiamo il
messaggio di Falcone e Borsellino".
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