Reduci da uno sciopero di quattro mesi, gli attori americani non trovano pace.
La base del sindacato è spaccata sull'accordo raggiunto l'8 novembre con gli studi di produzione e le società di streaming.
Mentre i vertici e la presidente del Sag-Aftra, Fran Drescher, esaltano l'intesa come la più "redditizia, innovativa e protettiva nella storia del sindacato dell'intrattenimento", agli eventi e sui social serpeggia il malcontento.
Qualche perplessità era già emersa il 10 novembre, quando il Consiglio nazionale del Sag-Aftra aveva ratificato l'accordo con il 14% dei voti contrari, dopo una riunione più lunga e tesa del previsto. La parola è passata poi agli iscritti, che fino all'8 dicembre sono chiamati a esprimersi on line.
La loro approvazione è necessaria per chiudere definitivamente la vertenza, anche se ancora non hanno ricevuto il memorandum completo dell'accordo, ma solo un estratto di 18 pagine. "Ci hanno mandato un riassunto e ce lo spiegano su Zoom", si lamenta Lola Scarpitta, organizzatrice sindacale, che aggiunge: "Come pretendono che votiamo qualcosa che non abbiamo nemmeno letto?".
Il coro del dissenso conta su voci di spicco. Matthew Modine, per esempio, fa parte del 14% che ha respinto il patto appena firmato ed è pronto a votare 'no' ancora una volta. "Il consenso, nel contesto di questo accordo, è tirannia, sottomissione", ha scritto in un comunicato, lamentando la poca trasparenza dei vertici, che chiedono alla base un voto - quasi - sulla fiducia. L'attore, apparso da Full metal jacket a Oppenheimer, passando per Stranger Things, vorrebbe tornare al tavolo della trattativa per stralciare i punti relativi all'intelligenza artificiale: "lasciano spazio allo sfruttamento digitale degli attori in modi che vanno oltre le nostre capacità di previsione e controllo", ha detto.
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