La zootecnia 'buona' quella che si prende cura degli animali, trattandoli in modo non intensivo, quasi con affetto, chiamandoli per nome, facendo persino accomodare in salotto un vitellino ben profumato, è lo sfondo di Petit Paysan - Un eroe singolare, un film che in Francia è stato campione d'incasso e che arriva in sala in Italia a marzo, dopo essere stato presentato alla Semaine del la Critique al Festival di Cannes 2017.
Il regista è Hubert Charuel: un esordiente da tenere d'occhio visti i quasi 4 milioni al box office nazionale.
Pensare ad un mood bucolico sarebbe però fuoriviante perchè l'inno rurale all'allevamento etico è raccontato, qui l'originalità del film, come un thriller drammatico sullo sfondo dell'epidemia mucca pazza.
Il trailer in esclusiva
Il protagonista Pierre (Swann Arlaud) ha 30 anni, sua sorella è veterinaria e la sua vita anima e corpo, così come quella dei suoi genitori ormai ritiratisi, è legata alla terra che coltiva e ai suoi animali, 30 mucche pezzate bianco/nere che lui cura con amore. In poco tempo riesce a diventare un allevatore in grado di tenere le redini dell'azienda di famiglia e farsi apprezzare a livello regionale. Quando scoppia il primo caso in Francia di febbre epidemica, Pierre si preoccupa, guarda ossessivamente i telegiornali, controlla continuamente le sue bestie, le fa visitare, finchè trova che uno dei suoi animali è infetto. Il mondo gli crolla addosso: perdere le amate mucche non è proprio una opzione da considerare e farà davvero di tutto per salvarle, spingendosi ai limiti estremi della legalità. Per il film, che arriva in sala con No.Mad, in partnership con l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise e CIA - agricoltori Italiani e con il patrocinio di Slow Food Italia, la distribuzione conta in una buona circolazione nelle scuole, in particolare negli Istituti Agrari "in virtù del valore didattico dell'opera prima di Charuel che solleva numerose questioni inerenti il mondo della zootecnica, tra cui il trattamento etico degli animali da produzione, l'attaccamento al proprio lavoro vissuto quasi in maniera religiosa e rituale e che porta al cinema un tema di grande attualità quale è il ritorno alla vita di campagna delle giovani generazioni impegnate a scrivere un nuovo capitolo dell'imprenditoria agricola del nostro paese". Il regista Charuel è cresciuto nella fattoria casearia dei genitori che si trova a Droyes, fra Reims e Nancy, a venti chilometri dal paese più vicino, Saint-Dizier. "Sono sopravvissuti alla crisi casearia grazie al duro lavoro, a piccoli investimenti e prestiti. Ci vuole molta intelligenza e duro lavoro per sopravvivere", afferma il regista. "Petit Paysan parla della grande pressione che si vive in un'azienda agricola: si lavora sette giorni alla settimana, bisogna mungere le vacche due volte al giorno, tutto l'anno, tutta la tua vita. Il film tratta anche dei rapporti con i genitori che sono sempre fra i piedi, sul peso di quel patrimonio. Si va a mungere come se si andasse a pregare, di mattina e alla sera. Essere un produttore di latte è una vocazione..". La molla per fare questo film è stata l'epidemia della 'mucca pazza', qualcosa di choccante per lui e per la sua famiglia ("se succede alla nostra famiglia, mi uccido" disse la madre). E molto del film è autobiografico: a cominciare dal set, l'azienda di casa
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