Un campo profughi di tende
rappresentate da grandi passaporti nel Museo di Santa Giulia, a
Brescia: è il cuore della mostra 'Khalid Albaih. La stagione
della migrazione a Nord', la prima personale in Italia
dell'artista, curatore e attivista sudanese. I documenti sono
quelli di sei persone provenienti da Afganistan, Gambia,
Moldavia e Senegal e oggi residenti a Brescia, che Albaih ha
conosciuto durante la sua residenza in città. All'interno delle
"tende/passaporti" è possibile ascoltare le storie di queste sei
persone e seguire, tramite una mappa d'artista, il loro viaggio
per arrivare in Italia.
Un viaggio che, nello spazio immersivo Bahr (in arabo
"mare"), attraverso video ripresi da migranti e soccorritori,
diventa anche la lotta di chi attraversa il mare per superare i
confini.
Il titolo della mostra, che apre domani 9 novembre, riprende
l'omonimo romanzo dello scrittore sudanese Tayeb Salih, un'opera
cardine per la cultura post coloniale. Filo rosso della
riflessione dell'esule e dissidente Khalid Albaih - nato in
Romania, cresciuto in Qatar, residente in Norvegia - è infatti
l'indagine sulle diverse sfaccettature che caratterizzano, oggi,
la "stagione della migrazione a Nord". Un percorso che a Brescia
inizia con l'installazione Toub, che rievoca il cortile
polveroso della centenaria casa di famiglia in Sudan, distrutta
dalla guerra, per poi passare per Haboba, il nome con cui
affettuosamente viene chiamata la nonna nelle famiglie sudanesi
(da habibi, in arabo "il mio amore"), un'installazione che
ricrea l'intimità dello spazio domestico, realizzata in
collaborazione con gli artisti bresciani Marcello Gobbi e Davide
Sforzini. Al centro della mostra, i disegni politici che hanno
reso celebre Khalid Albaih, quando nel 2008 ha iniziato a
condividere in rete i suoi lavori nella pagina social Khartoon!
(combinando la parola "cartoon" con il nome della capitale del
Sudan, Khartoum). I suoi lavori hanno attirato nel 2016
l'attenzione di Omar al-Bashir, capo del regime autoritario che
ha governato il Sudan per quasi trent'anni, impedendogli di
poter tornare liberamente nel suo paese d'origine.
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