A otto anni dalla scomparsa, tanto
improvvisa quanto prematura di Luigi Billi (Firenze 1958 -
Milano 2016), dal 19 ottobre si apre la mostra "Luigi Billi.
Flashback opere 1992-2015" al Palazzo Esposizioni Roma, a cura
di Patrizia Mania e Nicoletta Billi.
La mostra ne esplora il percorso artistico, riproponendone le
tappe più significative. Una narrazione volutamente episodica
(per flashback) restituisce un lavoro sempre sospeso tra memoria
personale e collettiva, costellato dal continuo capovolgimento
degli stereotipi culturali, sempre improntato a una
straordinaria sensibilità per la texture e la composizione.
Sono circa cinquanta le opere esposte. Dai primi
"accartocciamenti" (destinati a diventare cifra ricorrente) che
riabilitano, non senza averlo interrogato criticamente, lo
scarto dall'immagine di consumo a segno artistico, ai lavori
dove si sovrappongono pittura e fotografia, gesto e materia e
attraverso i quali l'artista ha di volta in volta indagato la
struttura nascosta della natura (Cieli di bosco), le aporie
delle immagini (Cara mamma, stiamo tutti bene. Caro babbo, siamo
tutti morti, Eroi) o l'impertinenza della parola (Ho vietato a
mio padre di chiamarmi figlio). Opere capaci anche di rivelarsi
scopertamente politiche, manifestando, accanto all'inesausta
ricerca espressiva, una altrettanto incessante tensione etica.
La mostra offrirà anche l'occasione di presentare il nuovo
sito dell'Archivio Luigi Billi, online all'indirizzo
www.archivioluigibilli.it che ha il duplice obiettivo di
diffondere e promuovere la sua arte e di contribuire alla
definizione del catalogo generale delle sue opere. Negli anni
l'arte di Billi, nato a Firenze nel 1958, sarà sempre
caratterizzata da una ricerca sul valore dell'inconscio,
personale e collettivo. Nei primi anni Novanta si trasferisce a
Roma, ambiente fertile e vivace che favorirà l'avvio della sua
carriera artistica: di importanza fondamentale è l'incontro con
il gruppo di Opening, composto da Alberto Vannetti, Patrizia
Mania, Lucilla Meloni, Domenico Scudero e Natalia Gozzano. Per
tutto il successivo decennio la rivista sarà un punto di
riferimento per la vita e le riflessioni di Billi, che ne è uno
dei principali animatori. Parallelamente al percorso editoriale,
Luigi Billi dà avvio al suo percorso artistico: il linguaggio
pop, tratto da fotoromanzi e icone pubblicitarie, è la prima
sorgente dei suoi lavori. Billi rielabora e fa suo il concetto
del ready-made, scavando nei repertori di immagini per svelarne
significati inaspettati. In tal senso Billi si pone come un
"collezionista", che assorbe e rielabora il proprio materiale
iconografico e testuale per indagare la complessa natura delle
relazioni umane.
La maggior parte dei suoi lavori si costituisce per serie, su
cui ritorna anche a distanza di lunghi periodi: Untitled Kisses
(1992 - 1993); Donne (1993 - 1995; 1998); Ho proibito a mio
padre di chiamarmi figlio (1996); Hombres (1998); Cara mamma
stiamo tutti bene. Caro babbo siamo tutti morti (2000); Eroi
(2012 - 2013). A partire dal 1992 la tecnica prediletta diviene
quella dello "stropicciamento": immagini ingrandite e
rielaborate vengono in un secondo momento accartocciate e
ri-distese in una poetica di "rifiuto e recupero" che diventa la
sua cifra distintiva. Accanto all'interesse e l'indagine sulla
cultura pop e sull'inconscio collettivo, Billi sviluppa una
ricerca sul concetto di "natura", articolato in serie che
indagano le diverse forme del reale e il concetto stesso di
naturale: Paesaggi umani (1990); Naturae (2004); Cieli di bosco
(2008 - 2012); Domestic Jungle (2012 - 2013). La sua opera viene
apprezzata sia in Italia che all'estero: tra le sue esposizioni
si ricorda in particolare in Italia la partecipazione alla XII
Quadriennale di Roma (1996) e alla LIV Biennale di Venezia
(2011) e all'estero la partecipazione alla VIII Biennale del
Cairo (2001). Il 2 febbraio 2016 Luigi Billi si è spento
fisicamente a questo mondo, lasciando un'eredità vivissima della
sua arte e poetica.
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