Era atteso come il film scandalo del festival di Cannes 2021 (non c'è annata che non ne abbia almeno uno) e almeno sul fronte choc ha mantenuto le promesse: la suora lesbica che sogna Gesù, ha (o si fa venire?) le stimmate per il potere dell'abbazia di Pescia e fa l'amore con la consorella usando una statuetta della Vergine trasformata in sex toy - tutto storicamente vero nella vicenda del Seicento di Benedetta Carlini - ossia Benedetta di Paul Verhoeven ha tenuto banco nella quarta giornata.
La bellezza di Virginie Efira è ostentata nuda nel film del regista di Basic Instict tornato a Cannes con il drammone storico con Charlotte Rampling madre superiora.
Tutto un altro registro per Matt Damon, venuto al festival con Stillwater di Tom McCarthy fuori concorso e per un Rendez Vous in cui ha divertito la platea e mostrato tutta la sua umanità, talento da Oscar a parte. "Non mi sento arrivato, questo è un mestiere, più lo fai e più impari", ha detto Damon, 50 anni, di Boston, tre figli, confessando di "non aver perso la passione che avevo agli inizi" quando divideva il monolocale con Ben Affleck prima che l' Oscar come sceneggiatori per Will Hunting - Genio Ribelle cambiasse loro la vita (e i metri quadri dell'abitazione). Ha fatto ridere tutti raccontando di quando rifiutò da James Cameron la parte in Avatar e il 10% degli incassi del film - il botteghino più alto della storia del cinema, 2,8 miliardi di dollari - per seguire la post produzione di The Bourne Ultimatum, il ritorno dello sciacallo. "Conoscete un altro attore che ha fatto quello che ho fatto io?". Ha trattenuto a stento le lacrime al termine della proiezione ufficiale di Stillwater, "mi ha emozionato ritrovarmi in una sala e poi sotto i riflettori mi sembra di vivere la vita di un altro". Nel film è un padre che cerca di riconquistare la fiducia della figlia finita nei guai finendo per farne anche lui, perchè "la vita è brutale" e l'essere padre nella vita gli ha fatto trovare le corde giuste per "interpretare le fragilità e il peggior incubo di un genitore, quello di sentirsi inadeguato".
Una relazione padre-figlia in tutt'altro territorio - quello pericoloso di Gioia Tauro e del suo porto dove il mercato della droga fa profitti mondiali - che si ritrova in A Chiara, il film di Jonas Carpignano accolto con applausi alla Quinzaine des Realisateurs insieme alla sua protagonista, l'esordiente Swami Rotolo che ha recitato senza mai avere una sceneggiatura. Un neorealismo, quello di Carpignano, profondamente agganciato al contemporaneo, al racconto della complessità dell'oggi cercando di stare alla larga da preconcetti, pregiudizi (come era già accaduto con i rom di A Ciambra) ma soprattutto sporcandosi per così dire le mani ossia vivendo con la stessa comunità che vuole raccontare. "Non si può negare che ci sia un tessuto sociale difficile e complesso ma vivere qui - dice all'ANSA Carpignano - non è come ci hanno abituati le fiction, è molto più normale, è un microcosmo, un laboratorio di globalismo, con giovani non diversi da tutti gli altri. La differenza - prosegue - è che tuo padre si può trovare a fare un lavoro malavitoso e non sempre è una scelta ma l'unica cosa possibile e al tempo stesso amare la famiglia". E poi c'è Chiara e la possibilità di cambiare un destino segnato in una famiglia in cui il padre è latitante, ricercato per traffico di droga. Maturerà con grande coraggio la svolta.
Dove è Anna Frank, il nuovo film d'animazione del regista israeliano Ari Folman (Valzer con Bashir, il suo premiato stupendo film) era attesissimo in Cannes Première: quasi 10 minuti di ovazione, davvero un enorme successo per un film "per famiglie che aggiorni e perpetui il ricordo di qualcosa che non dovrebbe accadere mai più".
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