La Procura generale di Catania ha
disposto l'avocazione al proprio ufficio dell'inchiesta sulla
morte degli imprenditori Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio
uccisi il 31 ottobre 1990 nel sito dell'Acciaierie Megara'.
L'inchiesta, dopo un annullamento con rinvio di una precedente
archiviazione da parte della Cassazione per la mancata notifica
della richiesta alle parti civili, era tornata alla procura di
Catania che aveva chiesto, e ottenuto, dal gip l'archiviazione
delle posizioni dei primi cinque indagati. Il gip Marina Rizza,
scrisse che "non sono emersi elementi indiziari a sostegno
della loro compartecipazione" al duplice omicidio, ma dispose
nuove indagini ritenendo che da dichiarazione di collaboratori
di giustizia sarebbe "emerso il coinvolgimento nella vicenda di
Aldo Ercolano e Orazio Privitera". Nel marzo del 2023 la Procura
chiese un provvedimento cautelare per Carmelo Privitera,
indagato con Francesco Rapisarda, per cui non fu presentata
alcuna richiesta per la sua età, 80enne e successivamente una
nuova archiviazione. Anche contro questa decisione hanno
presentato opposizione i legali delle parti offese, i fratelli
Pierpaolo e Salvatore Vecchio, assistiti dagli avvocati Enzo
Mellia e Giuseppe Lo Faro. Sul duplice omicidio indagò la
squadra mobile della Questura.
L'avocazione dell'inchiesta è stata firmata dal
procuratore generale Carmelo Zuccaro che ha assegnato il
fascicolo ai sostituti Nicolò Marino e Giovannella Scaminaci.
Secondo la Procura generale "le indagini esperite dal pm
non hanno sviluppato il tema posto dal gip" sulle "dinamiche
intercorse tra Aldo Ercolano e Orazio Privitera". Secondo il
pentito Eugenio Sturiale, "Ercolano gli avrebbe commissionato
l'omicidio Rovetta in modo che fosse più difficile risalire alla
'famiglia' catanese di Cosa nostra come mandante". E questo,
scrive la Pg, "anche per l'ambiente malavitoso locale" perché
sarebbe "apparsa anomala la decisione di uccidere il titolare di
un'azienda che era sotto la 'protezione' di Cosa nostra e con la
quale ditte controllate da quelle 'famiglie' facevano affari".
Secondo la Procura generale la pista indicata da Sturiale "trova
significativi, se pur parziali, riscontri nelle dichiarazioni di
Giuseppe Ferone" e, sottolinea la Pg, non era un ostacolo il
fatto che Orazio Privitera fosse detenuto, tanto che Ferone
indica in "suo fratello, Carmelo Privitera, tra gli esecutori
materiali del duplice delitto".
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