La volontà di Martina era quella di essere libera, di avere un'altra relazione" e questo "ha fatto deragliare Boinaiuti" scatenando "la sua volontà omicidiaria".
E' quanto affermato dal pm di Roma nel corso della requisitoria con cui ha chiesto l'ergastolo per l'uomo che il 13 gennaio del 2023 uccise con un colpo di pistola la sua ex, l'avvocata Martina Scialdone di 35 anni.
Il femminicidio avvenne in strada, a poca distanza da un ristorante nella zona dell'Appio Latino.
L'omicidio maturò al culmine di una violenta lite: l'intenzione della donna era quella di troncare il rapporto, mettere la parola fine ad un "legame tossico", così come ha ricordato il rappresentante dell'accusa davanti ai giudici della prima Corte d'Assise della Capitale.
La Procura ha chiesto per l'impuntato anche la pena accessoria dell'isolamento diurno di 18 mesi.
Nei confronti di Costantino Boinaiuti, l'accusa è di omicidio volontario con le aggravanti della premeditazione, del legame affettivo e il reato di porto abusivo di arma.
Nel corso della requisitoria il rappresentante dell'accusa, Barbara Trotta, ha ricostruito cosa avvenne quella tragica sera.
I due avevano incominciato a litigare nel ristorante. Una discussione davanti a molti clienti che era salita di tono in pochi minuti tanto che la giovane ha cercato di rifugiarsi nel bagno. "Fatti i c... tuoi", così Bonaiuti ha risposto al proprietario del locale intervenuto per cercare di fare tornare la calma tra i due e vedendo la ragazza in lacrime. Una situazione che ha portato il ristoratore ad allertare il numero di emergenza del 112.
La lite tra i due è però proseguita anche fuori dal locale fino al tragico epilogo. Dalle carte dell'indagine è emerso inoltre che Bonaiuti intorno alle 23.30 aveva telefonato alla ex moglie, con cui conviveva, riferendole di aver sparato a Martina a causa di "un colpo partito per sbaglio".
Nel suo intervento il pm ha citato anche una serie di testimonianze fornite dalle amiche della vittima da cui emerge la preoccupazione di Martina per quella serata. "L'ho sentita preoccupata - ha detto un teste - e le ho detto di chiamarmi per raccontare cosa accadesse. Ricordo che una volta raccontò di essersi un po' spaventata - aggiunge la testimone - in quanto durante una lite Costantino era diventato 'un cane rabbioso'".
Nel corso del processo l'imputato ha chiesto perdono per quanto compiuto e anche nell'udienza di martedì ha rilasciato dichiarazioni spontanee. ""Dio mio fa che non l'ho presa - ha detto raccontando del momento dello sparo -. Sono un cadavere vivente da quel giorno, mi trascino". Ad aprile aveva detto di "pregare ogni giorno che Martina, continuo a vederla, quel giorno siamo morti in due".
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