Lo sparo di Capodanno riecheggia in un'aula di tribunale. Il deputato Emanuele Pozzolo, di Fratelli d'Italia, unico imputato per il proiettile che nelle prime ore del 2024 colpì uno dei partecipanti alla festicciola appena terminata nella Pro Loco del paesino di Rosazza, è stato rinviato a giudizio.
Il processo si aprirà il 25 febbraio del prossimo anno a Biella. Ma le accuse, rispetto al quadro iniziale, saranno più circoscritte. Luca Campana, il 31enne elettricista rimasto ferito, ha ritirato la querela per lesioni dopo avere raggiunto un accordo economico.
Per le ipotesi di esplosioni pericolose e omessa custodia d'armi il parlamentare ha invece presentato una domanda di oblazione (il pagamento di una somma di denaro per azzerare il procedimento) che è stata accolta. Si è quindi giunti a una sentenza di non luogo a procedere. Restano in piedi il 'porto illegale di arma comune da sparo' e il 'porto illegale di munizionamento da guerra', che saranno discusse in aula. "E qui entreremo nel merito", annuncia il difensore di Pozzolo, l'avvocato Andrea Corsaro.
A giudicare dal tenore delle imputazioni non sarà necessario, davanti al tribunale, parlare del presunto giallo sulla paternità dello sparo. Inquirenti e testimoni non hanno mai avuto dubbi: il proiettile partì dalla piccola pistola che il Pozzolo aveva portato con sé e che stava maneggiando in modo maldestro. Una ricostruzione che il deputato ha sempre smentito senza però sbottonarsi troppo, almeno nelle dichiarazioni pubbliche, sulle spiegazioni alternative.
Nessun dubbio, comunque, sulla matrice dell'episodio: si trattò di un incidente di natura colposa. Pozzolo, 39 anni, aveva atteso la mezzanotte in famiglia nella casa di Campiglia Cervo, a pochi chilometri da Rosazza. Poi aveva raggiunto la Pro Loco per riunirsi con i partecipanti a una festa cui avevano preso parte amici, simpatizzanti ed esponenti locali del partito. Il cenone era ormai terminato e la maggior parte degli ospiti si stava preparando a rincasare.
Al momento dello scoppio, per esempio, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro era fuori dal locale: stava caricando in auto la propria parte di pietanze avanzate. Il deputato spiegò di avere la pistola perché in possesso di regolare porto d'armi. Secondo la procura di Biella, però, era un oggetto da detenere solo "in regime di collezione". E ora la parola passa al giudice.
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