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Andò: "Dalla borghesia mafiosa troppe compiacenze"

Il regista palermitano condivide l'allarme del Procuratore de Lucia

   C'è una borghesia che a Palermo convive con la mafia, come ha detto il procuratore Maurizio de Lucia subito dopo l'arresto del boss Matteo Messina Denaro. Il regista Roberto Andò condivide l'analisi del magistrato riconoscendola nei comportamenti di chi accoglie nei propri salotti persone che sa essere coinvolte in Cosa nostra.

    "Compiacenze, tolleranza e disponibilità - dice - finiscono per creare un contesto di complicità". Proprio il terreno nel quale "si possono incontrare anche i grandi latitanti" come Matteo Messina Denaro. E questa prossimità sociale si intreccia con interessi corposi? Per l'intellettuale palermitano, legato da uno stretto rapporto di stima e amicizia a Leonardo Sciascia, sono due livelli diversi: "C'è chi fa affari e chi in qualche modo si piega al 'dovere' di aiutare al di là dell'interesse materiale. È gente che non si ribella e non fa nulla per sottrarsi a questo tipo di rapporto". La strada per uscirne è quella di una "prospettiva culturale" che però è di lungo periodo.

    "Siamo passati - dice Andò - attraverso una condizione sudamericana, che abbiamo vissuto da ragazzi ed era quella che si respirava a Palermo come a Trapani. La Palermo delle stragi e la Trapani dove è morto Giangiacomo Ciaccio Montalto. Ora la prospettiva culturale è chiamata a cambiare non solo i comportamenti ma anche il lessico. Penso alla frase terribile: 'la miglior parola è quella che non si dice'. Vi riconosco un dato culturale. Cioè il messaggio: non esporsi e non assumersi alcuna responsabilità. Penso però che questa dimensione sudamericana oggi non ci sia più. Sicuramente è cambiata. Su questi temi c'è ormai una maggiore sensibilità".

    Ma, avverte Andò, "quanto sia cambiata in profondità lo capisci in prossimità delle elezioni e vedi così che in Sicilia si fa ancora un gioco cinico: si pensa di essere sempre più furbi scegliendo il peggio". Per questo il regista del film "La stranezza" su Luigi Pirandello, crede che per un vero cambiamento "ci vorrà molto tempo". E pensa che vada affidato soprattutto alla "presenza reale dello Stato che non va inteso solo come presidio di polizia ma anche nella dimensione vera della cultura, quella che apre poi la mente dei ragazzi". E siccome è un lavoro che va fatto negli anni dell'adolescenza, Andò mette le mani avanti e dice di non essere ottimista nel breve periodo. "Leonardo Sciascia - ricorda - esprimeva addirittura un pessimismo più radicale quando parlava di irredimibilità. Quel pessimismo, diventato con Sciascia una grammatica civile nella letteratura, purtroppo non si è diradato anche se la borghesia mafiosa è cambiata e ora si è fatta più guardinga. E mentre tanti giovani sono costretti ad andare via (che farebbero in Sicilia?) ci troviamo di fronte a scelte politiche improntate alla furbizia".

   Sul ruolo della cultura Andò tiene separato il lavoro del singolo artista, proiettato verso la crescita culturale, da quella realtà che "si gioca anche su dati economici". E spiega: "Bisogna dare delle prospettive. In questo momento la Sicilia vive un drammatico momento di crisi e di arretratezza come altre regioni del sud. Il rischio è che rappresenti il paese del reddito di cittadinanza, che pure va benissimo perché non ti fa pensare ad altre forme di 'aiuto', ma bisognerebbe offrire la dignità del lavoro. Proprio su queste altre forme di 'aiuto' credo che uno come Messina Denaro ci abbia prosperato". E sulla politica riflette: "La cosa per me più allucinante è leggere che la Regione siciliana spenda grandi cifre a Cannes. Questo è ciò che sicuramente non si deve fare". 

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