Si allunga ancora la catena di morti sul lavoro. L'ultima vittima è un giovane di 27 anni, sposato e padre di un bimbo in tenera età, travolto da un pesante mezzo meccanico mentre lavorava in un cantiere in contrada Maucini, a Pachino, nel Siracusano. Il giovane era dipendente di una ditta che stava eseguendo lavori per conto di e-distribuzione.
La Procura di Siracusa, che coordina gli accertamenti della polizia municipale, ha aperto una inchiesta per accertare le cause dell'incidente e il rispetto di tutte le procedure di sicurezza. Proprio il mancato rispetto di questi protocolli sarebbe la causa della strage avvenuta a Casteldaccia (Palermo) il 6 maggio scorso, che costò la vita a cinque operai. La perizia disposta dalla Procura di Termini Imerese ha confermato l'ipotesi subito avanzata dagli inquirenti.
"Nessun dipendente di Amap Spa e di Quadrifoglio Group presente presso l'impianto di sollevamento fognario - scrivono i consulenti tecnici - aveva in dotazione i dispositivi di sicurezza per le vie respiratorie. E nessuno degli operatori di Amap e Quadrifoglio, tranne forse uno, aveva avuto una specifica formazione e addestramento all'uso delle misure di sicurezza".
Le vittime dell'incidente sul lavoro, probabilmente provocato dall'inalazione del gas prodotto dalla fermentazione dei liquami, furono quattro dipendenti della Quadrifoglio Group, la società che aveva avuto in subappalto i lavori dalla Tek, che a sua volta si era aggiudicata la manutenzione della rete fognaria dall'Amap, municipalizzata di Palermo.
La quinta vittima, Giuseppe La Barbera, era un interinale Amap. Nel registro degli indagati per omicidio colposo plurimo e lesioni gravissime sono finiti Nicolò Di Salvo, titolare della Quadrifoglio, il direttore dei lavori del cantiere, il tecnico di Amap Gaetano Rotolo, e il dirigente della Tek Giovanni Anselmo. "Nessuno degli operatori in possesso di rilevatori multigas era presente il 6 maggio presso l'impianto di sollevamento fognario- scrivono i consulenti - Non risulta inoltre che le altre società dispongano di rilevatori multigas e di attrezzatura specifica per l'attività di lavoro in ambienti confinati e/o sospetti di inquinamento". A differenza di Amap che sulla carta ne era fornita.
Sempre secondo gli esperti, "i liquami fognari presenti nella vasca dell'impianto e nell'intero condotto fognario presentavano valori di solfiti e solfuri decisamente superiori ai limiti previsti per scarichi in rete fognaria". Al centro dell'indagine, oltre alla catena degli appalti, c'è appunto il rispetto delle misure di sicurezza: già i primi accertamenti svelarono che le vittime non sarebbero dovute scendere all'interno dell'impianto e che non indossavano le protezioni.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA