Un viaggio dentro la follia, tra malati di mente e di altre patologie, per comprendere la loro condizione, le loro inquietudini, i loro malesseri ma anche l'assistenza sanitaria e le cure.
Storie di dolore, di privazioni e di isolamento in una bolgia senza avvenire.
Storie
di lunghi e interminabili silenzi di uomini, donne, e persino
bambini, con gli occhi ormai spenti e forse senza più luce,
privati dell'oggi e del domani. Un viaggio-inchiesta del
giornalista palermitano Antonio Fiasconaro, pubblicato a puntate
nella primavera del 1991, sulle pagine de 'La Sicilia',
all'interno del manicomio più grande della Sicilia e del sud
Italia "Pietro Pisani" di via Pindemonte a Palermo. Un reportage
che è diventato un libro, 'Sei giorni in manicomio' (Nuova Ipsa
editore, pagg. 180, €16,90), con foto in bianco del fotoreporter
Franco Lannino, ma anche di Sebastiano Catalano e dello stesso
autore. Il libro verrà presentato sabato prossimo alle 17.30, a
Palermo, nella libreria Nuova Ipsa di via dei Leoni, 71, alla
presenza di Isidoro Farina, Salvatore Amato, presidente
dell'ordine dei medici di Palermo, che ha formato la
postfazione, dell'assessore alla cultura Giampiero Cannella,
dell'ex manager della sanità Giancarlo Manenti e di Fiasconaro.
Che da giovane giornalista, 33 anni fa, si è calato in quella
triste realtà per sei lunghi giorni, vivendo intere ore con gli
ammalati e con i sanitari e soffrendo con loro. Un racconto
anche per comprendere gli effetti della legge del '78 voluta da
Franco Basaglia, legata alla chiusura degli ospedali
psichiatrici e al divieto di istituirne nuovi.
"Ho trascorso quasi una settimana dentro quelle mura che
trasudavano dolore, abbandono, degrado, tristezza, drammaticità
e, perché non ammetterlo, anche il fetore nauseabondo di quei
relitti della società: i disabili mentali desolatamente e
miseramente abbandonati sul Golgota senza alcuna speranza di
ritorno alla normalità - dice Antonio Fiasconaro - Ho registrato
le numerose storie di internati, storie di angosce, di
solitudine e di testimoni muti nella profonda rassegnazione".
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