"L'autonomia differenziata
rappresenterà l'ennesimo colpo, forse quello definitivo, a ciò
che resta di nazionale del Servizio sanitario pubblico". Questa
la posizione condivisa da Anaao-Assomed e Cimo-Fesmed presentata
nel corso dell'audizione che si è svolta il 26 marzo presso la
Commissione Affari Costituzionali della Camera. "Oggi -
sostengono Pierino Di Silverio, Segretario nazionale
Anaao-Assomed e Guido Quici, Presidente della Federazione
'Cimo-Fesmed' - non ci sono evidenze che confermano un aumento
del grado di efficienza dei servizi erogati a fronte di
ulteriori gradi di autonomia nelle disponibilità e nella
gestione delle risorse. Soprattutto non ci sono quelle
condizioni economiche che consentano a tutte le regioni di
partire dallo stesso 'nastro di partenza'. Proprio per queste
motivazioni il diritto alla salute deve mantenere una dimensione
nazionale".
Un passaggio è stato riservato ai Piani di rientro dai
disavanzi sanitari delle Regioni. Il Molise da marzo 2007 è
sottoposto a Piano di rientro e dal 2009 in regime
commissariale. Questo strumento "non è in discussione", ma "sono
in gioco gli effetti collaterali derivanti dalla prolungata
'cristallizzazione' dell'offerta sanitaria derivante dagli
inevitabili tagli lineari imposti a strutture, strumenti,
risorse umane e finanziarie con il risultato di vedere
compromessi i principi di universalità, equità ed accesso alle
cure". In sintesi, "il Piano di rientro, da strumento tecnico si
è presto trasformato in strumento politico a partire dalle
modalità di ripartizione del Fondo sanitario nazionale (Fsn),
fino agli adempimenti Lea. Quindi, l'avvio di un percorso
'involutivo' per alcuni Servizi sanitari regionali (Ssr) che,
negli anni, hanno portato all'ampliamento del gap tra regioni
del sud e del nord". In sintesi, "a distanza di circa 20 anni,
il mancato rilancio dell'offerta sanitaria, ovvero la mancata
possibilità di assicurare una seria prevenzione secondaria e
terziaria attraverso precoci diagnosi e terapie a favore dei
cittadini di alcune regioni, ha ridotto drasticamente l'accesso
alle cure aumentando, di fatto, la mobilità passiva quasi
esclusivamente verso Lombardia, Emilia Romagna e Veneto".
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