È morto a Milano all'età di 56 anni Angelo Chessa, primario di ortopedia, figlio di Ugo, comandante del traghetto Moby Prince al largo di Livorno nel 1991.
Insieme al fratello Luchino ha combattuto per anni, attraverso un comitato, in Parlamento e nelle aule dei tribunali per fare luce sulla tragedia che costò la vita al padre e ad altre 140 persone con un solo superstite.
"Una persona speciale, una vera forza. Porteremo avanti
questa battaglia sino alla fine anche nel suo ricordo", dice
all'ANSA Luchino, dirigente medico dell''Aou di Cagliari. La
tragedia nella notte del 10 aprile 1991: alle 22.25, il
traghetto Moby Prince della Navarma entrò in collisione con
l'Agip Abruzzo, petroliera della Snam, a 2,7 miglia dalla costa.
Fu l'inferno: morirono in 140 - di cui 26 sardi - tra passeggeri
e equipaggio del Moby. Si salvò solo Alessio Bertrand, mozzo del
traghetto che partito alle 22 era diretto a Olbia. Tutti salvi
sulla nave Agip.
La battaglia di Luchino e Angelo Chessa partì qualche anno
dopo. Una missione, con il coinvolgimento dei parenti delle
vittime, per capire, al di là dei primi responsi sulle
responsabilità, che cosa fosse accaduto davvero quella notte.
Nella storia di questa ricerca della verità anche il lavoro di
una commissione parlamentare, presieduta dal senatore sardo
Silvio Lai. Gli esiti: lo scontro non era stato causato dalla
nebbia o dall'imprudenza di un comandante. Ora c'è un'altra
commissione di inchiesta in corso. Nel disastro morì anche la
madre di Luchino e Angelo Chessa, Maria Giulia Ghezzano.
Un documentario del giornalista Rai Paolo Mastino, intitolato
Buonasera Moby Prince, ha riassunto le fasi salienti della
vicenda è delle inchieste. "Angelo e Luchino Chessa - spiega
all'ANSA - hanno diviso la loro vita tra famiglia, professione e
ricerca della verità. Proprio Angelo coinvolse a Milano i
consulenti che ribaltarono le conclusioni dei processi facendo
venire alla luce nuovi decisivi dettagli".
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