La procura di Genova ha nominato due consulenti per capire che tipo di esplosivo sia stato usato per colpire la Seajewel, la petroliera battente bandiera maltese danneggiata due settimane fa in un attentato mentre era in rada al largo di Savona.
A fare le analisi saranno l'ingegnere navale Alfredo Lo Noce e il capo ufficio del Nucleo Regionale Artificieri Liguria Federico Canfarini: i due esperti andranno in Grecia per un sopralluogo sulla nave una volta messa in secco.
Gli inquirenti non hanno sequestrato la nave perché il
costo sarebbe stato troppo elevato. Dalle analisi, gli
inquirenti dovranno risalire al tipo di esplosivo impiegato
dagli attentatori e scoprire dove sia avvenuta l'azione, se al
largo di Savona o altrove, prima dell'arrivo del cargo in rada.
Il procuratore capo Nicola Piacente e la pm della Dda Monica
Abbatecola avevano aperto un fascicolo per naufragio aggravato
dal terrorismo. L'ipotesi principale su cui lavorano gli
investigatori della digos e della Capitaneria è quella di un
sabotaggio fatto da filoucraini visto che la Seajewel era stata
indicata come legata alle flotte fantasma che aggirano l'embargo
sul petrolio russo. Nelle scorse settimane aveva subito un
attacco anche la nave gemella Searcharm.
Sulla vicenda indagano anche le autorità greche secondo le
quali negli attacchi potrebbero essere state usate mine di tipo
BPM1 o BPM2. Gli investigatori aspettano anche i risultati delle
analisi del greggio. Se dovesse emergere che si tratta di
petrolio russo potrebbero essere contestati altri reati. In caso
di violazione dell'embargo, la norme prevedono che le violazioni
siano punibili con una pena massima di sei anni. La reale
provenienza del petrolio, oltre che dalle analisi, può arrivare
dalla ricostruzione della rotta dell'imbarcazione, dal controllo
dei certificati di origine della merce e dalla documentazione
presente a bordo. Se dovessero emergere delle irregolarità, in
questi casi, potrebbe essere contestato il falso. Dai primi
rilievi degli artificieri e dei sommozzatori del Comsubin è
emerso che la prima esplosione ha fatto staccare il secondo
ordigno che così non ha potuto causare danni più gravi, come la
fuoriuscita del petrolio in mare o l'affondamento della
petroliera.
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