E' stata la deposizione più lunga, durata per quattro udienze.
Una testimonianza che non ha convinto i pm Walter Cotugno e Marco Airoldi che hanno chiesto la trasmissione degli atti per Giampiero Giacardi, direttore centrale delle risorse umane di Autostrade dal 2000 al 2020.
Per
la procura avrebbe mentito durante le udienze e sarebbe stato
imbeccato da alcuni legali e imputati su quanto dire al processo
per il crollo del 14 agosto 2018 che causò 43 vittime.
L'ex dirigente era un testimone chiave per l'accusa: avrebbe
dovuto spiegare la logica del sistema di retribuzione
manageriale basato su una quota fissa e una quota variabile,
quest'ultima legata ad un punteggio che è più alto più sono gli
obiettivi strategici ottenuti. Per gli inquirenti in Aspi gli
obiettivi erano la riduzione dei costi di manutenzione e non
sforare il budget. Una ricostruzione contestata da Giacardi: "la
riduzione dei costi non è mai stata indicata come obiettivo" e
"che nel sistema retributivo bisognava prendere in
considerazione più voci frutto di una programmazione
pluriennale".
Ieri Giacardi aveva detto che "la rete autostradale non può
essere considerata un luogo di lavoro. Perché è percorsa anche
dagli utenti che transitano con i propri mezzi". La procura è
invece convinta che sia un luogo di lavoro perché vi passano
quotidianamente dipendenti addetti alle manutenzioni e che lungo
la rete svolgono il proprio lavoro.
Oggi è stata risentita Maria Pia Repetto, ingegnere e
insegnante del dipartimento di ingegneria civile, chimica e
ambientale dell'ateneo genovese a cui Aspi e Spea chiesero di
vedere il progetto di retrofitting (i rinforzi alle pile 9 e
10). "A una riunione Emanuele De Angelis (uno degli imputati,
ndr) ci parlò del vuoto degli stralli legati a difetti in fase
costruttiva. Ma forse era riferito in termini generali. Noi non
leggemmo a fondo i documenti e gli allegati all'elaborato. A una
lettura sommaria vidi che negli allegati c'erano riferimenti a
prove conoscitive riferite a stati di degrado e corrosione".
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