"Se si guarda alla storia della
giustizia penale internazionale, si vedrà che in molti casi i
mandati d'arresto sono rimasti in sospeso per 10 anni e a volte
anche per 15 anni, e poi sono stati eseguiti: i mandati
d'arresto sono validi a vita, non possono essere ritirati se non
con una decisione dei giudici". Lo ha detto Fadi Abdallah,
portavoce della Corte penale internazionale (Cpi), in un
incontro con i giornalisti a Bruxelles discutendo sui casi di
Vladimir Putin e Benyamin Netanyahu.
"Riteniamo che i giudici abbiano deciso in base alle prove
che hanno davanti. Rispettiamo pienamente la presunzione di
innocenza dei sospettati ma essi devono rispondere ai giudici e
a volte alcuni individui possono beneficiare di circostanze o di
protezione politica ottenendo un certo periodo di tempo: la
politica però cambia continuamente mentre la giustizia continua
a perseguire il suo obiettivo", ha sottolineato. A chi gli fa
notare che la posizione della Corte potrebbe avere un impatto
sui possibili accordi di pace, in Ucraina come in Palestina,
Abdallah ribadisce che "la Corte non può farsi carico di
"considerazioni politiche".
"È un argomento che viene usato a volte ma noi crediamo che
non ci sia pace duratura senza giustizia", precisa. "Se ci sono
considerazioni sulla necessità di fermare i casi perché ci sono,
ad esempio, negoziati di pace, non spetta alla corte decidere in
merito. Dobbiamo decidere in base alla legge. Ma c'è un articolo
nello statuto della legge che permette al Consiglio di Sicurezza
dell'Onu di sospendere le attività della Corte, i mandati di
arresto o i procedimenti per 12 mesi con una decisione ai sensi
dell'articolo 7, quindi senza veto, con la possibilità di
rinnovo", nota. Quindi c'è uno spazio per le esigenze della
politica, per quanto limitato. "Il Consiglio di Sicurezza, se
davvero necessario, può sospendere ma non porre fine ai casi
davanti alla Corte".
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