BOLOGNA, 12 MAR - "Nessuno mi potrà mai ridare indietro ciò che mi è stato tolto.
Ora però ho nostro figlio; a lui ho il compito di insegnare cosa sia la felicità".
Così, in un'intervista al Corriere di Bologna, Paola, la compagna di Lorenzo Cubello, uno dei due operai morti il 23 ottobre scorso nell'esplosione alla Toyota Material Handling di Borgo Panigale (Bologna). È nato il bimbo che la coppia aspettava, che porterà il nome del padre. La donna denuncia l'iter "lungo" e "oneroso" per riconoscere i diritti al neonato dovuto al fatto che i due non erano sposati.
"Sono passati quasi cinque mesi" dall'esplosione, dice Paola, "le domande sono tante ma di risposte ancora non ne è arrivata nemmeno una. Nessuno pretende un processo già concluso e so che nessuna risposta mi riporterà indietro Lorenzo, però almeno un perché di tutto questo sì. C'è un enorme problema, in Italia, sulla sicurezza sul lavoro: dopo quelle alla Toyota MH, ci sono state troppe altre vittime. Non è tollerabile né accettabile".
"L'azienda all'inizio" è stata vicino, dice, "anche economicamente, poi soprattutto i colleghi. Non solo coloro che conoscevano direttamente Lorenzo e che lavorano a Bologna, ma tanto sostegno ci è arrivato anche dalle altre filiali internazionali".
"Lorenzo e io non eravamo sposati - aggiunge - Per garantire tutti i diritti a nostro figlio è stato necessario un lungo iter per il riconoscimento della paternità, che è stato molto oneroso. Solo per il test, oltre quattromila euro a carico mio.
E poi tutto l'aspetto burocratico, che in una situazione così complicata è ancora più pesante. Vorrei fare un appello allo Stato italiano affinché semplificasse le procedure per le compagne come me, perché una famiglia non la fa solo una firma.
La fa l'amore. Noi saremo per sempre una famiglia".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA