Il tasso di occupazione delle donne nel 2023 è cresciuto più rapidamente di quello degli uomini ma il gap resta molto ampio e sfiora i 18 punti percentuali: lo sottolinea l'Inapp in uno studio sul gap di genere, sottolineando che per le donne il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è passato dal 51,1% al 52,5% con una crescita di 1,4 punti percentuali mentre quello maschile è salito dal 69,2% al 70,4% con un aumento di 1,2 punti. La differenza tra i tassi di occupazione è di 17,9 punti e conferma che "le problematiche che hanno determinato e continuano a determinare i gender gap nel mercato del lavoro non appaiono risolte".
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Il dato sull'occupazione femminile resta il più basso a livello Ue con oltre 13 punti di distanza dalla media dell'Ue a 27 (65,7%). Ad oggi, si legge nell'indagine, "il 64% dell'inattività in Italia continua ad essere femminile e motivato prevalentemente da esigenze di carattere familiare. Non lavorano per motivi di cura il 34% delle donne e il 2,8% degli uomini tra i 15 e 64 anni e il 43,7% delle donne e il 4% degli uomini tra i 25-34 anni (classe di età della fecondità media femminile).
Nel nuovo Gender policy report si sottolinea che nel primo semestre 2024 sono state attivate 4.294.151 nuove assunzioni, di cui solo il 42% a donne.
Il 24,4% di tutte le assunzioni, sottolinea il rapporto, è avvenuto tramite incentivo, ma nonostante la politica agevolativa per le donne restano critici gli indicatori sulla stabilità del lavoro con il ricorso meno ampio per le donne all'assunzione a tempo indeterminato e quelli sul part time. Di tutti i contratti fatti alle donne (che sono il 42% del totale), sono a part time quasi la metà (49,2% contro il 27,3% degli uomini).
Nel rapporto si evidenzia anche lo squilibrio dei carichi di cura tra uomini e donne che continua ad avere ripercussioni su occupazione e redditi. Secondo l'indagine Inapp Plus, a seguito della maternità il 16% delle donne smette di lavorare, contro il 2,8% degli uomini. I congedi parentali sono richiesti per l'80% da donne, ma essendo a parziale copertura della retribuzione determinano, secondo le stime Inapp Plus, un gender pay gap (grezzo) di 5mila euro.
Il lavoro povero ha una forte connotazione di genere: per le donne, date le caratteristiche della loro partecipazione (in primis basse retribuzioni orarie e bassa intensità lavorativa): l'incidenza del lavoro a bassa paga è circa il triplo di quella che si registra sull'occupazione maschile (18,5% contro 6,4%). Infine, il background migratorio per le donne ha determinato al 2023 un tasso di occupazione più basso rispetto alle donne native (48,7% contro 53,0%) e una disoccupazione più elevata (14,2% contro 8,3%).
A parità di lavoro e qualifiche, le donne immigrate, guadagnano comunque meno sia rispetto ai loro colleghi uomini sia alle donne italiane, con una concentrazione nei decili inferiori della distribuzione del reddito. La presenza di figli rappresenta un ulteriore penalità: se la migrazione è per ricongiungimento o matrimonio l'inattività risulta maggiore sia delle donne native sia delle donne che migrano per lavoro. Per le donne migrate per lavoro, invece, aumenta il tema degli "orfani bianchi", figli lasciati nel paese di origine.
"L'occupazione femminile è una risorsa strategica ma l'incremento del tasso di occupazione trova l'ostacolo della difficoltà di avere servizi adeguati per il lavoro di cura, per l'infanzia e per le persone non autosufficienti - ha dichiarato Natale Forlani, presidente di Inapp. Il lavoro femminile ne risente in termini di qualità dei rapporti di lavoro e una quota significativa di donne rinuncia a cercarlo. L'obiettivo di aumentare la dotazione di servizi e di migliorare la quantità e la qualità dei rapporti di lavoro delle donne, diventa pertanto una priorità delle politiche del lavoro.
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