Il caso del calciatore Edoardo Bove
ha riportato in questi giorni sotto i riflettori il rischio di
morte improvvisa nei giovani atleti, un tema di cui i
ricercatori dell'Università di Padova si occupano con importanti
rilievi scientifici a livello internazionale.
Il Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e Sanità
pubblica dell'Università di Padova, in particolar modo le equipe
dell'anatomia patologica cardiovascolare, della genetica
cardiovascolare e della cardiologia sono da anni impegnati sia
dal punto di vista scientifico sia dal punto di vista
assistenziale nella ricerca delle cause di arresto cardiaco
nell'atleta e nelle strategie di prevenzione. Per quanto
riguarda la prevenzione, l'Italia è uno dei pochi paesi al mondo
in cui uno screening medico-sportivo annuale è obbligatorio per
tutti gli atleti agonisti.
"Nel 2006 è stato pubblicato dall'Università di Padova uno
studio di cui sono il primo autore sulla prestigiosa rivista
JAMA, che ha dimostrato come nella regione Veneto l'incidenza di
morte improvvisa dell'atleta sia calata quasi del 90% in seguito
all'introduzione dello screening medico-sportivo - afferma
Domenico Corrado, ordinario di Cardiologia all'Università di
Padova e direttore ff della UO Cardiologia I dell'Azienda
Ospedale /Università di Padova -. Quello studio ha avuto un
impatto molto rilevante a livello internazionale contribuendo ad
esportare il modello italiano di prevenzione della morte
improvvisa nell'atleta all'estero. Rimanevano però alcuni punti
da chiarire, che puntualmente venivano sollevati nei dibattiti
tra esperti, come l'utilità di ripetere periodicamente lo
screening".
Nel 2023 il Dipartimento di Scienze cardio-toraco-vascolari e
Sanità pubblica dell'Università di Padova ha condotto uno studio
in collaborazione con l'Aulss2 sull'importanza dello screening
medico sportivo nella prevenzione delle "morti improvvise" nello
sport da dove è emerso che, grazie al modello di screening
italiano su ragazzi con meno di 16 anni sono state
potenzialmente salvate le vite di 69 giovani atleti.
"Un dato che emerge dallo studio - spiega Alessandro Zorzi,
cardiologo responsabile dell'Ambulatorio di Cardiologia dello
Sport dell'AOUPD - è il ruolo fondamentale della prova da sforzo
nella valutazione medico-sportiva. In Italia, la prova da sforzo
viene eseguita sempre durante la visita medico-sportiva mentre
all'estero viene di solito ci si ferma all'ECG a riposo. Nel
nostro studio si dimostra che la prova da sforzo,
particolarmente per la valutazione delle aritmie, ha consentito
di sospettare una patologia cardiaca in diversi giovani sportivi
con ECG di base normale e che sarebbero altrimenti sfuggiti".
All'inizio di quest'anno, in uno studio in collaborazione con la
medicina dello sport della AULSS6 e pubblicato sulla maggiore
rivista mondiale di cardiologia dello sport (British Journal of
Sports Medicina), sono stati confermati questi dati su una
popolazione pediatrica sottolineando come lo screening sia
particolarmente utile sopra i 12 anni.
Il caso di Bove. concludono gli studiosi padovani, "è ancora
una volta l'esempio dell'importanza di effettuare controlli
medici scrupolosi preventivi ma anche di avere sempre a
disposizione un defibrillatore semiautomatico a disposizione
negli impianti sportivi. Sarebbe importante che tutti, in
particolare giocatori e dirigenti, fossero formati a come
prestare il primo soccorso a un compagno colpito da arresto
cardiaco".
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