I carabinieri del Comando per la
tutela ambientale e la sicurezza energetica stanno effettuando
in queste ore, in circa 50 punti vendita disseminati su tutto il
territorio nazionale, il sequestro preventivo dei sacchetti
contenenti bricchette per barbecue prodotti attraverso la
lavorazione di ceneri ritenute altamente tossiche, derivanti da
processi di piro-gassificazione. Il provvedimento è stato
disposto dal gip di Trento su richiesta della Procura della
Repubblica di Bolzano e di Trento, che coordina le indagini
sulla produzione e successiva commercializzazione di materiale
combustibile per barbecue fatte di ceneri prodotta in due
stabilimenti di cogenerazione dell'Alto Adige. Attualmente
risultano indagate nove persone, di cui sei cittadini italiani e
tre austriaci, per traffico illecito di rifiuti e frode in
commercio.
L'indagine è partita nel 2022, quando è stato fermato in
territorio italiano un camion con targa croata che trasportava
la cenere prodotta dalla combustione di legna e cippato da due
impianti di cogenerazione di Lasa e Versciaco. Ulteriori
accertamenti, hanno permesso di appurare come la cenere
(contenente idrocarburi e diossina) non venisse trattata come
rifiuto da smaltire, ma utilizzata per produrre, attraverso una
lavorazione chimica, le bricchette per barbecue in due
stabilimenti, in Croazia e in Serbia.
"Si tratta di un'indagine articolata e complessa, un unicum a
livello nazionale per quanto riguarda la difesa della salute.
Con il provvedimento è stato stroncato un commercio illecito e
istallato ponte investigativo, tramite l'agenzia per la
cooperazione giudiziaria Eurojust, con altri Paesi europei", ha
spiegato il procuratore capo di Trento, Sandro Raimondi.
A quanto specificato dal comandante del Noe di Venezia,
Enrico Risottino, la rete coinvolgeva Alto Adige e Austria,
Croazia e Serbia, ma il commercio avveniva in tutta Europa. Lo
scorso dicembre, i militari hanno effettuato anche dei sequestri
di fertilizzanti per uso agricolo, prodotti sempre con l'impiego
delle ceneri tossiche.
"Le condizioni di lavoro in Croazia - ha spiegato Risottino -
erano particolarmente dure, e gli impiegati non usavano
mascherine o strumenti protettivI. Per quanto riguarda la Serbia
siamo già in contatto con le autorità, ma si tratta di un Paese
al di fuori dell'Unione europea".
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