"Cerchiamo di sfatare un mito
diventato un mantra politico, certamente non era un buon
protocollo ma era quello che aveva tutto il mondo. Di fronte a
una malattia infettiva nuova che cosa devi fare? Devi osservare
l'evoluzione dei sintomi e poi eventualmente ricoverare in una
fase più avanzata il malato in ospedale". Lo ha detto a radio
Cusano l'infettivologo Matteo Bassetti rispondendo a una domanda
sulle cause delle morti. Alla domanda se quel protocollo avesse
messo i medici in una posizione di difficoltà, Bassetti ha
risposto: "Assolutamente no. Quel protocollo non era
assolutamente vincolante, le balle che vengono raccontate dal
mondo negazionista non sono assolutamente vere. Sono morti in
tanti perché in quel momento il sistema non era pronto a stare
dietro a una pandemia di quel tipo. Un'infezione nuova ha avuto
bisogno di tempo. L'Italia è stato il primo paese occidentale ad
affrontarla senza avere nessun tipo di informazione dai cinesi e
questo va detto. Abbiamo dovuto fare in qualche modo e capire
come curarla sul campo".
Sulle accuse in merito alle mancate autopsie Bassetti ha
continuato: "Sono balle assurde che raccontano i negazionisti.
La prima autopsia al mondo per quanto riguarda i malati di Covid
è stata fatta a Bergamo nel febbraio del 2020". E tornando alla
giornata in memoria delle vittime del Covid, il Direttore del
San Martino di Genova ha voluto replicare, "siamo arrivati a
fare polemiche sul 18 di marzo come per il 25 aprile, a dire che
sono date divisive e questo è una cosa allucinante. In un paese
civile che ha visto morire così tanta gente è assurdo che ci
possa essere chi si divide sulla commemorazione dei morti per il
Covid".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA