(di Antonino Michienzi)
Sempre meno numerosi in corsia, non
di rado con contratti a tempo determinato, retribuzioni del 22%
più basse rispetto alla media Ocse e impegnati a confrontarsi
con un contesto aggressivo che sempre più spesso sfocia nella
violenza. Non stupisce che circa 1 su 2 soffra di burnout. È il
ritratto del personale sanitario italiano che emerge dal
Rapporto su Salute e Ssn dell'Osservatorio Salute, Legalità,
Previdenza di Fondazione Enpam e Eurispes.
A partire dal 2008, ricostruisce il rapporto, in Italia la
crescita del personale sanitario, che si protraeva da più di 30
anni, si è arrestata. Per esempio, nel 2014 sono stati assunti
80 dipendenti ogni 100 andati in pensione, nel 2015 si è scesi a
70 ogni 100, nel 2017 98 ogni 100. Di pari passo è aumentato il
lavoro flessibile: nel 2018, nel comparto sanità si è
concentrato il 45% dell'utilizzo di unità annue a tempo
determinato di tutta la Pubblica amministrazione (35.481 su
79.620). Un ulteriore incremento, c'è stato negli ultimi anni,
specie durante la pandemia. "Il blocco del turnover, e dunque la
carenza cronica di personale all'interno delle strutture
sanitarie - spiegano gli estensori del rapporto - da decenni
costringe gli operatori a sforzi prolungati, continui e ad alto
coinvolgimento fisico e psicologico".
Così, il 52% dei medici e il 45% degli infermieri soffre di
burnout. "È un tema che necessita di risposte e che è legato
anche ai molti aspetti burocratici che affliggono la professione
medica e quella infermieristica. La digitalizzazione, se non
opportunamente gestita, rischia di aggravare ulteriormente la
situazione se la reportistica dovesse diventare predominante
rispetto all'attività esistenziale", ha affermato all'ANSA
Maurizio Zega, presidente dell'ordine delle professioni
infermieristiche di Roma.
Il fenomeno del burnout riguarda soprattutto le donne che
hanno un rischio doppio rispetto ai colleghi maschi. Il
personale femminile è anche vittima di circa i due terzi delle
18 mila aggressioni a danno dei sanitari e continua a scontare
un forte svantaggio legato al genere: più di due terzi dei
lavoratori del settore sanitario oggi sono donne, ma le
posizioni dirigenziali e apicali sono ancora appannaggio degli
uomini. Nel caso dei medici, per esempio, le donne rappresentano
il 51,3% della professione, ma solo il 19,2% dei primari è di
sesso femminile.
"Ancora una volta parliamo di sofferenza del personale
sanitario", ha commentato all'ANSA Pierino Di Silverio,
segretario nazionale di Anaao Assomed. "Resta il problema che
tutta questa sofferenza non viene percepita se non da chi
lavora. La legge bilancio, da questo punto di vista, non dà
segnali positivi", ha aggiunto Di Silverio. "Noi, dal canto
nostro, continueremo a protestare e se sarà necessario
investiremo l'Europa del problema, dal momento che oggi in
Italia si sta negando l'articolo 32 della Costituzione", ha
concluso.
Intanto avanza l'innovazione, Intelligenza Artificiale,
telemedicina, robotica promettono di rivoluzionare la medicina.
"Nei cambiamenti in atto la professione medica deve
riconquistare rilevanza sociale e autorevolezza", ha affermato
il presidente della Fondazione Enpam, Alberto Oliveti.
"Occuparsi di salute richiede un approccio olistico,
intersettoriale, dinamico, nazionale e internazionale, ma
richiede anche la capacità di calarsi, di volta in volta, in
precise aree disciplinari o problematiche specifiche, al fine di
osservarle, analizzarle e formulare osservazioni e proposte. Il
Rapporto che presentiamo oggi si sviluppa proprio lungo queste
direttrici", ha concluso il presidente dell'Eurispes, Gian Maria
Fara.
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