Studi clinici indipendenti,
finanziati dal ministero della Salute, per "irrobustire" i "dati
scientifici sull'uso dei bloccanti della pubertà", di cui viene
constatata "l'insufficienza".
Questo quanto scrive il Comitato Nazionale di Bioetica nel
parere approvato nella Plenaria del 22 novembre con 29 voti a
favore, 2 astenuti e 1 voto contrario, e diffuso oggi con una
nota, sull'uso della triptorelina nel caso di diagnosi di
disforia di genere nei minori in risposta al quesito del
ministero di un anno fa. Una questione, quella dell'uso della
triptorelina, che ha visto al centro del dibattito di questi
mesi l'ospedale Careggi di Firenze in seguito a una
interrogazione del dicembre dello scorso anno del capogruppo di
Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, in seguito alla quale
ci fu un intervento del ministero della Salute e la costituzione
di un tavolo specifico sul tema.
Il tema, si legge nel documento del Cnb, è stato discusso
durante tutto il 2024, nelle Plenarie del 22 febbraio, 19
aprile, 23 maggio, 11 e 12 luglio, 26 e 27 settembre, 24 ottobre
e 20 e 21 novembre.
Ora il parere: "È necessario che il Ministero della Salute
si faccia carico di finanziare studi clinici indipendenti,
finalizzati a ottenere dati dirimenti sull'efficacia e sui
rischi della somministrazione del farmaco, di qualità superiore
rispetto a quelli già realizzati, i quali non appaiono adeguati
all'obiettivo". Pertanto, "auspica che le prescrizioni avvengano
solo nell'ambito delle sperimentazioni promosse dal ministero
della Salute". In ogni caso, il Cnb "raccomanda" che la
prescrizione del farmaco "avvenga solo dopo che le terapie
psicologiche/interventi psicosociali e eventualmente
psichiatrici non si siano rivelati efficaci". Tuttavia, non è
esclusa la prescrizione al di fuori delle sperimentazioni
cliniche: anzi, il Cnb sottolinea che essa "va assicurata anche
nell'eventualità di somministrazioni al di fuori delle
sperimentazioni, cioè nel caso di diniego del consenso alla
sperimentazione o a seguito di specifiche valutazioni cliniche
del medico". La richiesta di studi clinici - scrivono 15 dei
membri del Cnb nella dichiarazione di voto - non è "un invito ad
aumentare le prescrizioni per supportare una sperimentazione, ma
di limitare al massimo l'uso del farmaco, purtroppo già
legittimato, inserendolo esclusivamente in studi rigorosi e in
percorsi terapeutici ben definiti" per evitare abusi e
monitorarne gli esiti. E se negativi "sarà possibile impedire
questa pratica".
Unico voto contrario quello di Maurizio Mori che ritiene
"condivisibile l'idea di proporre studi di qualità superiore
agli attuali ma non accettabile l'idea che quelli fatti sinora
non siano 'adeguati all'obiettivo', quasi a dire che sinora si è
sbagliato tutto e si deve partire da capo". Inoltre, secondo
Mori "il rischio è di stigma". "Rispetto al parere 2018, la
risposta 2024 viene ad accentuare l'importanza dell'intervento
psichiatrico", dice Mori.
Chiede di fermare il "far west sanitario" sulla questione
triptorelina il portavoce di Pro Vita & Famiglia Onlus, Jacopo
Coghe, che considera il parere del Cnb "un primo passo
prudenziale e ragionevole".
Fin dall'inizio della vicenda in campo anche i genitori di
alcuni giovani con disforia. Nei mesi scorsi hanno tenuto a
evidenziare che la triptorelina è un farmaco sicuro e dagli
effetti reversibili, citando una nota di 12 società
scientifiche.
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